Il dipartimento della Giustizia Usa e i 19 Stati americani che si sono uniti nella causa controMicrosoft (MSFT) hanno ufficialmente dichiarato che non chiederanno al giudice lo smembramento della societa’ di Bill Gates.
Accantonata la soluzione spezzatino, all’accusa rimangono circa sei settimane di tempo per decidere quali sanzioni chiedere perche’ Microsoft, giudicata colpevole di aver violato lo Sherman Act, la legge antitrust americana, smetta di esercitare muscoli da monopolista.
Gli osservatori di Washington ritengono che le strade percorribili possano essere due: una multa salata (e’ circolata la cifra di un miliardo di dollari) accompagnata da restrizioni sulle pratiche commerciali della societa’, oppure l’obbligo di rendere pubblici i codici di programmazione di Windows.
Indipendentemente dalle richieste sara’ pero’ necessario attendere che il giudizio di Appello – il ricorso e’ gia stato annunciato dai legali di Microsoft – sia concluso. Nel frattempo la societa’ ha scatenato una delle piu’ poderose azioni di lobbing che si siano viste nella capitale americana.
Bill Gates ha deciso di puntare tutto sul partito repubblicano, certo che se il prossimo inquilino della Casa Bianca fosse George W. Bush, l’accanimento dell’antitrust finirebbe. I leader repubblicani al Congresso non hanno mancato di mostrarsi solidali con Microsoft, accusando l’antitrust di eccesso di zelo.
Il capgruppo dei conservatori alla Camera, Trent Lott, ha detto esplicitamente che intende trasformare il processo Microsoft in un caso politico e nelle file del partito e’ ormai chiaro che questa sara’ un’arma decisiva da spendere contro il candidato democratico, il vicepresidente Al Gore.
Le principali banche d’affari degli Stati Uniti hanno tuttavia rivisto in negativo le previsioni sul fatturato Microsoft e questo rischia di pesare sull’andamento del titolo ben piu’ della schiarita sul fronte giudiziario.