Riportiamo una lettera di un lettore, già collaboratore di Wall Street Italia, rivolta al governo italiano.
A cura di Michele Spallino
Egregi Signori rappresentanti del Governo della Repubblica Italiana,
il governo precedente, nella legge di bilancio 2016 – dopo un anno di dibattiti pubblici – è arrivato a definire una norma, l’ “APE volontaria”, promettendone l’attuazione dal 1 maggio 2017. A oggi, 1 settembre 2017, quella norma è restata inattuata. Voci di corridoio ne promettono i decreti attuativi e dunque il passaggio in gazzetta ufficiale per fine settembre.
Egregi Signori rappresentanti del Governo della Repubblica Italiana, il sottoscritto immagina perfettamente perchè una norma SENZA COSTI per lo Stato, resti bloccata, mentre la medesima norma a carico dello Stato indebitato e deficitario, definita “APE social” è stata già attuata.
Il motivo è che in quest’ultima non hanno ruolo Banche ed Assicurazioni a differenza dell’APE volontaria dove si è concepito che il prestito ai pensionandi richiedenti venga fatto dalle banche e queste hanno ovviamente richiesto una copertura assicurativa in caso di premorienza (quasi certa in gran parte dei casi visto che si tratta di una durata ventennale a partire dai 67 anni, mentre la vita media degli uomini è 80-81, e per le donne 83-84).
Tralascio di discutere le obiettive difficoltà tecniche per banche ed assicurazioni che a fronte di importi minimali devono dedicare risorse e dunque hanno costi che ricadono sui “beneficiati”, i quali finiscono per considerarle “beneficiate” dal governo, e non è vero, rendendo altamente impopolare la misura, già definita infatti da esimi sindacalisti e grandi giornalisti economici “una truffa”.
Desidero quindi appellarmi alle vostre menti libere e pensanti con una semplice proposta
APE VOLONTARIA SENZA BANCHE E ASSICURAZIONI
Egregi Signori, l’INPS – che già dovrà dedicare risorse a questa facoltà offerta a chi ne ha i requisiti – può benissimo effettuare il prestito in prima persona, non c’è alcun bisogno di andare a scomodare le banche, complicando la vita di tutti. Immaginate la procedura: nell’attuale legge l’apista deve prima rivolgersi all’Inps, poi andare dalla banca e poi ancora dall’assicurazione, infine se e quando queste ultime due istituzioni gli danno l’ok, deve tornare dall’Inps che prende contatto con le altre due, fino a quando la banca a un certo punto riterrà che può iniziare ad erogare, e dovrà inviare copia all’Inps, etc.
Invece nella mia modesta proposta l’apista si rovolge all’inps e finisce lì, fa tutto l’Inps, facile, semplice.
Si obietterà: e l’INPS dove prende i soldi? Premesso che parliamo di cifre molto basse, a tenersi larghi larghi si potrebbe arrivare a 1 miliardo di euro di fabbisogno annuo. Ebbene L’INPS ne farà richiesta al MEF che a sua volta aumenterà le emissioni di BTP per l’anno in questione dell’importo richiesto. Faccio sommessamente notare che ogni anno si emettono centinaia di miliardi di BTP, quindi uno in più non fa alcuna differenza, ma proprio nessuna. L’INPS farà pagare al pensionato il tasso d’interesse pagato dal MEF sulla emissione cui lui partecipa (ad esempio, per ora meno del 2%, invece del 3,5% che le banche vogliono applicare).
Qualcuno dirà che l’Europa non darà il permesso: ah ah ah. Avrete certamente la capacità di spiegare all’Europa che emettere 301 miliardi al posto di 300 miliardi (faccio l’esempio per semplificare), non solo non ha impatto, ma per giunta questo miliardo aggiuntivo è l’unico garantito rappresentando un prestito coperto dalle pensioni che lo stesso prenditore emette. Dunque non solo l’Europa non potrà fare alcuna reale obiezione, ma per giunta è probabile che ci copi l’idea!
Egregi Signori, andando al capitolo Assicurazioni sulla vita caso morte, trattasi di un meccanismo che non può oggettivamente stare in piedi applicato in modo indifferenziato a 67enni con situazioni mediche e genetiche completamente diverse. Ci vorrebbero premi individuali e non uno medio uguale per tutti che finirà per penalizzare il 67enne in buone condizioni e favorire quello malmesso. INVECE si potrebbe tagliare la testa al toro e FARNE a meno in base al seguente semplice ragionamento:
se il debitore vive fino a 87 anni, ovviamente per definizione non ci sarebbe bisogno di alcuna assicurazione;
se viceversa muore subito, cioè all’inizio della fine del prestito quindi a 67 anni, l’INPS beneficia di un risparmio di almeno il 40% (qualora esista la reversibilità, altrimenti beneficia del 100%) per almeno 13 anni – ipotizzando che il pensionato avrebbe dovuto vivere come da media fino a 80 anni- che rappresenta un importo superiore al prestito erogato, come facilmente dimostrabile con le tabelle numeriche che sono pronto a fornire ai vostri egregi uffici, se necessario.
Inutile aggiungere che nel caso il pensionato muoia a metà strada, ad esempio a 73-74 anni, avrà già rimborsato parte del prestito per cui il ragionamento sarà valido per la restante parte.
ERGO: la concessione di un prestito sulla pensione ad opera dell’INPS senza assicurazione sulla vita resta un operazione senza costi per lo Stato, a differenza di tantissime altre iniziative, bonus vari e Ape social.
Egregi Signori rappresentanti del Governo della Repubblica Italiana, vi invito pertanto a procedere nella prossima legge di bilancio ad effettuare le modifiche qui indicate al meccanismo previsto nel 2016.
Ringraziando anticipatamente per la cortese attenzione, porgo i miei più distinti saluti.