Società

Arabia Esaudita, sfruttare lo sport per ripulire la propria immagine

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L’impero arabo che durò quasi 150 anni, a partire dal 622 dopo Cristo, sta rinascendo attraverso nuove conquiste. I territori però non vengono espugnati con le armi ma attraverso lo sport o il turismo.

Fino a quando i sauditi sponsorizzavano la Formula 1 e rilevavano una squadra di calcio inglese come il Newcastle (il Manchester è invece di proprietà del fondo Abu Dhabi United Group degli Emirati), faceva colore e non cambiava lo status quo.

L’impressionante ricchezza petrolifera dell’Arabia Saudita punta ad aggiornare l’economia interna, comprare spazi, come in Egitto, per realizzare resort immensi e ripulire la propria immagine per mezzo del cosiddetto “sport washing”, un sistema usato da governi che sfruttano lo sport per ripulire la propria immagine e far distogliere l’attenzione dalla pessima reputazione per mancato rispetto dei diritti umani.

Proprio come nel caso di Messi, tentato dall’esperienza araba, prima di scegliere l’Inter Miami, che ha firmato comunque un contratto di 25 milioni, in cui si impegna ad andare in Arabia una volta l’anno, piazzare una foto e una frase in cui esalta l’Arabia sui suoi canali social e tacere su qualsivoglia violazione dei diritti umani, per non ostacolare la corsa ai Mondiali del 2034.

Corsa già vinta ormai, visto che per le stesse logiche, sono stati disputati i mondiali in Qatar in inverno, con migliaia di operai, costretti a lavorare senza alcun rispetto per le norme più elementari, morti nel silenzio per costruire otto stadi in tutta fretta.

L’Arabia si è ritirata dall’organizzazione dei mondiali 2030 per motivazioni indefinite ma certamente collegate anche a parecchie vertenze sindacali presentate dal sindacato FIFPRO, direttamente alla FIFA, per numerosi giocatori che non hanno ricevuto gli stipendi dai club sauditi. Controversie che tra l’altro sono state vinte dai giocatori.

Eppure il 2023 segna l’anno dell’accelerazione spettacolare nell’acquisizione dei campioni.

Il caso più clamoroso riguarda Tonali, il centrocampista comprato dal Newcastle, per una cifra intorno agli 80 milioni, Brozovic all’Al Nassr con un ingaggio di 75 milioni.
In precedenza Benzema ha firmato un triennale con l’Al Ittihad per la bellezza di 100 milioni di euro a stagione fino al 2026.

Kantè lo ha raggiunto, così come Koulibaly e prima ancora Ronaldo, che ha firmato per 200 milioni di euro a stagione (duecento!) per l’Al Nassr.

Nei giorni scorsi altri giocatori, tutt’altro che al termine della carriera, hanno accettato le offerte pazzesche che gli sono state recapitate. In meno di un mese è cambiato tutto lo scenario del calcio europeo e mondiale. Una sola holding, PIF (Public Investment Fund), quattro squadre di proprietà nel solo Campionato arabo, più il Newcastle, una valanga di soldi da spendere per ognuna di loro e giocatori presi in un amen, con offerte fuori dalle logiche del mercato.

Il governo inglese dopo aver accettato i soldi degli oligarchi, permettendo ad Abramovich di costruire un super Chelsea, salvo poi sequestrargli i beni dopo la guerra, oggi accoglie i capitali sauditi con conseguenze che non sono ancora chiaramente visibili nel futuro.

Gli arabi hanno distrutto tutta l’ipocrita impalcatura costruita da Uefa e FIFA, che in questi anni hanno maldestramente venduto un calcio per tutti. Hanno impedito la nascita della Superlega nata dall’esigenza dei club più importanti, già al corrente di questa scalata araba e dell’insussistenza dei costi gestionali. La Superlega, venduta malissimo e accolta peggio dai media, ha trovato un muro, con l’Uefa che ha preparato la riscossa usando tutto il suo potere.

Distrutta la possibilità di creare un torneo alternativo e ricchissimo, oggi ne nasce un altro, con presupposti diversi. Un solo proprietario che possiede più club nello stesso Campionato è possibile solo in Arabia e i bilanci non li controlla nessuno, non hanno alcun fair play finanziario da rispettare e organi che vigilino. Perciò, ogni pretesa di concorrenza leale non ha speranze.

È apertamente iniquo, così come la logica di un fondo che ha salvato il Chelsea perché, scrive il Daily Mail: “Pif è uno degli investitori di Clearlake Capital, il gruppo che ha rilevato le quote del Chelsea, insieme al consorzio guidato da Todd Boehly, dopo che Abramovich era stato costretto a venderlo”.

A questo proposito dalla prossima stagione nascerà il mondiale per club che inizialmente sarà ogni quattro anni, ma l’obiettivo è quello di far concorrenza alla Champions creando un rapporto simile a quello che c’è tra il mondiale e l’Europeo per nazioni.

Non si tratta di solo calcio ma anche di basket, tennis, Formula 1 e golf. In quest’ultimo caso è stata creata dopo mesi di trattative segrete una società nata allo scopo di aumentare i contratti televisivi, il prestigio e l’efficacia del marketing del PGA, ovvero l’organizzazione che cura i principali tour professionistici di golf negli Stati Uniti, attraverso soldi degli arabi.

Il fatto rappresenta una rapidissima accelerazione della strategia saudita, un’escalation che porta a esercitare la sua influenza in più settori, “sulle più alte vette di un gioco globale” come ha scritto il Guardian. Gli effetti sullo sport sono devastanti sia in termine di competizione che di organizzazione.

La prossima invasione sta per arrivare nel tennis dove i sauditi vogliono rilevare delle quote dell’Atp, che sta per Association of Tennis Professionals, organizzatore principale del circuito.

Nata sfacciatamente per lavare l’immagine con i soldi, la strategia araba è una gioiosa macchina di potere che si sta prendendo tutto, per la gioia iniziale di chi beneficia dei bonifici. L’annessione dello sport all’Arabia Saudita sta avvenendo in modo rapido e le ragioni economico politiche che avevano dettato le scelte dei decisori in precedenza si devono arrendere. Se non c’era una visione etica prima, a maggior ragione sarà del tutto cancellata a favore di quello che ci ostineremo a lungo a chiamare sport.

Le prossime generazioni gli daranno un nome diverso.