NEW YORK (WSI) – Conto alla rovescia per evitare la bancarotta dell’Argentina. Se entro la mezzanotte di domani, mercoledì 30 luglio, il governo di Buenos Aires non raggiungerà un accordo con i rappresentanti dei due hedge fund statunitensi a cui, in base a una recente sentenza, deve versare 1,33 miliardi di dollari, Buenos Aires dovrà dichiarare default. Si tratterebbe del secondo fallimento dell’Argentina negli ultimi tredici anni.
Finora le trattative non hanno portato ad alcun risultato e gli analisti Oggi è previsto un nuovo incontro a New York tra i delegati del governo argentino, guidati dal ministro delle Finanze, Pablo Lopez, e i rappresentanti dei fondi statunitensi attraverso il mediatore nominato dal tribunale di New York, Daniel Pollack. Secondo diversi analisti, probabilmente non si concluderà nulla.
I credit default swap sul debito argentino salgono questa mattina sui massimi da sei settimane, a causa dei timori per un nuovo default del paese che potrebbe concretizzarsi questa settimana. Secondo le quotazioni Markit, i cds a 5 anni sul debito argentino salgono stamane di 27 punti base rispetto alla chiusura di ieri, vicino al massimo da sei settimane di 1.899 pb. Il bond argentino 2033 in dollari (già ristrutturato) cede 0,6 centesimi, a 83,3.
Nel frattempo, le autorità argentine invitano alla calma e ritengono che il paese non potrà fare default perché il pagamento e’ stato effettuato, i soldi sono in banca ma il giudice Thomas Griesa ha bloccato il loro trasferimento. Tecnicamente Buenos Aires si ritiene così al riparo ma si tratta di una teoria che difficilmente può essere ritenuta legalmente valida, con l’Argentina che ha terminato quasi tutte le armi giudiziarie dopo la decisione della Corte Suprema americana. L’unica che cercherà di usare è quella di chiedere nuovamente una sospensione della sentenza, in base alla quale deve pagare allo stesso tempo chi ha aderito al concambio e gli hedge fund che non lo hanno fatto. Una sentenza che l’Argentina ritiene impossibile attuare perché innescherebbe richieste di rimborsi per 500 miliardi di dollari.
L’ipotesi di un default si fa così strada e gli economisti si interrogano su cosa accadrà dopo. Per ora a risentirne è solo la Borsa argentina, sotto pressione e i bond che calano. Secondo alcuni osservatori la situazione non sarà difficile come quella di 13 anni fa, quando il tasso di disoccupazione salì al 25%.
L’economia argentina inoltre non è in uno stato di salute critico come nel 2001 e a questo si aggiunge il fatto che le ripercussioni sui mercati emergenti saranno più limitate, con il debito di Buenos Aires in mano a un ristretto gruppo di investitori, come gli hedge fund, abituati a sbalzi dei prezzi e volatilità. ”Non c’e’ timore di un ampio contagio.
Molti investitori sanno che l’Argentina è un caso particolare e che la situazione non e’ indicativa di quello che succede nel resto della regione” afferma Siobhan Morden, analista di Jeffries. Uno dei possibili effetti di un default potrebbe essere la chiusura dei mercati di credito e l’aumento dei costi di finanziamento per le banche, le agenzie del governo e Ypf, il gruppo petrolifero statale.