New York – Il governo argentino ha annunciato che i suoi cittadini non saranno piu’ in grado di convertire i loro risparmi in dollari, un’operazione che gli argentini fanno spesso per ripararsi dal pericolo di una svalutazione o di una inflazione dei pesos. Oltre che per viaggiare all’estero o importare prodotti.
In un’intervista pubblicata venerdi’ in un giornale filo governativo e ripresa dal Financial Times, il presidente della banca centrale argentina Mercedes Marco’ del Pont ha sottolineato che le restrizioni sul tasso di cambio si applicheranno anche agli acquirenti nel mercato immobiliare che intendono comprare proprieta’ di real estate denominate in dollari.
D’ora in poi i pagamenti dovranno essere effettuati in pesos. La notizia e’ grossa, ma e’ passata per lo piu’ inosservata nei grandi media italiani.
Si tratta dell’ultima di una serie di decisioni del governo di Cristina Kirchner – caratterizzate da protezionismo e politiche monetarie straordinarie – che hanno lasciato scettici economisti e analisti finanziari, alimentando i timori che l’Argentina sia condannata nuovamente a fare bancarotta.
Tali misure restrittive hanno gia’ avuto ripercussioni negative sull’economia, facendo tornare l’incubo dei primi anni 2000. Molti importatori sono stati costreetti a dichiarare insolventi le proprie attivita’ e la stessa sorte e’ toccata agli agenti del mercato immobiliare, dove un’ampia fetta di proprieta’ e’ valutata e venduta in dollari.
A maggio nella sola Buenos Aires, il numero di operazioni nel business del real estate e’ calato del 15,4% anno su anno: si tratta del sesto calo mensile consecutivo. Nel frattempo nessuno ancora si fida a prestare soldi al paese, che non emette titoli di stato.
Nel 2011 la massa monetaria M2 ha registrato una crescita del 29%, una cifra enorme per gli standard internazionali. Quest’anno e’ previsto un altro incremento del 26%.
Da quando ha fatto bancarotta l’Argentina non ha piu’ accesso al mercato del debito mondiale e la sua banca centrale sta stampando molta piu’ moneta di quanto sia necessario, alimentando l’inflazione, impaurendo i cittadini. Secondo l’Istat argentina l’inflazione e’ intorno al 9%, ma secondo alcuni ricercatori indipendenti (multati e minacciati dal governo, come ha scritto il Washington Post) l’inflazione supera il 25%, un dato su cui sono concordi quasi tutti gli analisti.
Un’inflazione cosi’ alta spaventa gli argentini, che negli ultimi 30 anni hanno vissuto gia’ ben tre momenti di iper-inflazione. Il modo piu’ facile per difendersi da una moneta che perde rapidamente valore e’ quello di acquistare un’altra valuta che invece resta stabile. Proprio quello che gli argentini ora non possono piu’ fare.
Per acquistare dollari in Argentina si e’ costretti a rivolgersi alla banca centrale, che ha riserve in dollari per circa 50 miliardi. Il problema e’ che anche buona parte del debito argentino e’ denominato in dollari. Sedici di quei 50 miliardi di dollari serviranno a ripagare gli interessi sul debito in dollari per i prossimi cinque anni.
Siccome cambiare la denominazione del debito da dollari a pesos equivale a fare default, il governo argentino ha messo in pratica molte misure per impedire che i dollari della banca centrale escano da paese.