Si complica ulteriormente la situazione in Argentina, con il Paese sudamericano che si trova alle prese con una crisi economica gravissima, che potrebbe portarla per l’ennesima volta in default.
Lunedì scorso la banca centrale Argentina ha annunciato un altro aumento del costo del denaro di 600 punti base (6%), portando così il tasso di interesse di riferimento dal 91% all’attuale 97%, livello record degli ultimi 25 anni.
Questo è il secondo forte incremento dei tassi di interesse solo nell’ultimo mese, infatti solo a fine aprile l’Argentina alzò il tasso di interesse di dieci punti percentuali dall’81% al 91%.
Le difficoltà dell’Argentina
Le ultime decisioni di politica monetaria sono coerenti con il tentativo della banca centrale del Paese di evitare il tracollo dell’economia del Paese, cercando di contrastare la corsa dell’inflazione, che è ora al 108% su base annua, il livello più alto dal 1991.
Solo ad aprile l’inflazione è aumentata dell’8,4%, cifra impressionante che porta l’Argentina nella lista dei paesi che si trovano ad affrontare un livello di inflazione a tre cifre insieme a Venezuela, Zimbabwe, Libano e Sud Sudan.
Con gli ultimi rialzi, il tasso di interesse in Argentina è balzato vicino a 95%, il secondo tasso di interesse più alto al mondo, superato solo dallo Zimbabwe che presenta un tasso di interesse del 150%.
L’inflazione che stiamo osservando in Argentina è dovuta principalmente alla monetizzazione del debito pubblico dopo il default del 2020. Infatti, dopo quest’ultimo default, il paese non ha più potuto finanziarsi sui mercati internazionali e così, per coprire le spese dello stato, la Banca centrale argentina ha dovuto stampare una gran quantità di peso.
Ma la combinazione di alti tassi di interesse e iper-inflazione non sono gli unici problemi in Argentina. Il governo ha infatti deciso anche un importante misura sul mercato dei tassi di cambio, vista la forte svalutazione che sta subendo da oltre un anno il peso nei confronti del dollaro.
L’economia argentina è penalizzata fortemente anche dalla sua dipendenza dal dollaro statunitense. Infatti, nell’ultimo anno, dopo l’aumento dei tassi di interesse da parte della Fed, il dollaro si è rafforzato nei confronti di tutte le principali valute, tra cui il peso argentino. Ecco che questo ha provocato un brusco calo del valore del peso, che nell’ultimo anno ha perso quasi la metà del proprio valore nei confronti del biglietto verde, segnando un calo del 33% da inizio anno.
Questo è un forte elemento di preoccupazione per il popolo argentino, infatti, è già accaduto altre volte che un paese con un debito fortemente dollarizzato entrasse in una grave e profonda recessione.
Riserve a secco
Secondo le ultime stime le riserve nette di liquidità della banca centrale argentina sono in rosso. “Meno riserve portano a una maggiore pressione sul tasso di cambio, che a sua volta porta a una maggiore pressione sull’inflazione“, ha commentato Fernando Losada, amministratore delegato di Oppenheimer & Co, che continua dichiarando che non vede “alcuno scenario possibile in cui l’inflazione scenda sotto le tre cifre quest’anno“.
La nazione ora ha tecnicamente meno di 34 miliardi di dollari di riserve estere totali, ma la maggior parte è bloccata in attività meno liquide, come l’oro, le linee di credit swap con la Cina e la Banca dei regolamenti internazionali, oltre che i dollari che gli argentini hanno nei loro conti di risparmio.
Le passività dell’Argentina in valuta estera superano già le riserve totali di circa 1 miliardo di dollari e questo è il peggior rapporto di questo tipo da quando la nazione è stata devastata dalla crisi economica nei primi anni 2000.
Non solo: il paese sudamericano è messo in ginocchio anche dalla morsa della siccità record, che ha avuto effetti devastanti sulle sue esportazioni agricole, entrate fondamentali per l’economia del paese.
Ricordiamo infatti che i settori chiave dell’economia argentina sono l’agricoltura e l’allevamento (come la produzione di carne bovina, grano e soia), ma anche il settore minerario e dell’industria dell’energia.
Per incoraggiare i consumi e ridurre la quantità di pesos in contanti, il governo inoltre sovvenzionerà il credito per l’acquisto di beni durevoli a rate. Non solo. Per combattere l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, saranno aperte le importazioni, una decisione senza precedenti in uno dei maggiori produttori mondiali di alimenti.
Le trattative con il Fmi
Il governo sta anche portando avanti le trattative con il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) per convincerlo ad anticipare l’erogazione dei prestiti concessi all’Argentina tramite l’Extended Fund Facility, il programma del Fmi che ha l’obiettivo di sostenere i paesi che si trovano ad affrontare problemi con la propria bilancia dei pagamenti. Da questo punto di vista, il Fmi si è già mostrato clemente nei confronti dell’Argentina, poiché nell’ultimo anno le ha concesso un maggiore margine di manovra sugli obiettivi di aumento delle riserve e di riduzione della stampa di moneta.
Teniamo presente che durante i precedenti episodi di default, l’Argentina ha intrapreso complesse negoziazioni con i suoi creditori al fine di ristrutturare il debito e trovare una soluzione che soddisfacesse entrambe le parti.
Tuttavia, queste trattative sono spesso lunghe e complesse, e possono richiedere anni per essere risolte completamente.
Il sostegno della Cina all’Argentina
Con l’obiettivo di ottenere un maggiore sostegno internazionale per le sue riserve estere, l’Argentina sta accelerando gli accordi, oltre che con il Fmi, anche con la Cina e il Brasile. In tal senso, proprio a fine maggio, il ministro dell’Economia Sergio Massa andrà in Cina per cercare maggior supporto economico dopo l’ultimo accordo raggiunto ad aprile.
In quella circostanza il governo cinese aveva permesso all’Argentina di pagare le importazioni in yuan, evitando così di attingere alle ormai quasi esaurite riserve di dollari.
Crisi sociale in Argentina
Tassi di interesse così elevati sono come dicevamo il tentativo di frenare la crescita dei prezzi, ma questi avranno effetti negativi sulla crescita economica, oltre che sull’accesso al credito per le imprese. L’inflazione sta erodendo sempre più il potere d’acquisto dei cittadini, aumentando i costi di vita, aggravando di giorno in giorno la crisi sociale all’interno del paese.
Proprio con l’obiettivo di evitare il collasso finanziario e sociale, di recente il ministro dell’Economia Massa ha annunciato anche una serie di misure come un nuovo aumento della pensione minima e dell’assegno universale per figlio. Ma non solo, è stato annunciato anche un bonus unico pensato per compensare la perdita salariale.
Verso le elezioni presidenziali
A ottobre, in Argentina si terranno le elezioni generali e nessuno si aspetta un piano di stabilizzazione o un cambiamento delle aspettative da qui all’inizio delle elezioni. Come segnala un analista su Bloomberg, “l’obiettivo è quello di arrivare a ottobre senza entrare in recessione, scaricando la responsabilità di maggiori interventi su chi entrerà in carica a partire dal 10 dicembre“.
L’attuale crisi sta anche aumentando le probabilità di candidatura del candidato outsider Javier Milei, che propone di sostituire il peso con il dollaro USA come valuta nazionale dell’Argentina per schiacciare l’inflazione.
Cosa potrebbe succedere in caso di default
Un possibile default dell’Argentina potrebbe avere conseguenze significative, con il paese che non sarebbe più in grado di onorare i propri debiti, mettendo a rischio la fiducia degli investitori e generando turbolenze sui mercati finanziari. Ciò potrebbe a un’ulteriore fuga di capitali, una diminuzione degli investimenti esteri e ad un’ulteriore crisi della valuta nazionale.
I precedenti default dell’Argentina
L’Argentina ha una storia ricca di default. Uno dei casi più noti è stato il default del 2001, quando il paese non era riuscito a pagare il debito di oltre 100 miliardi di dollari. Questo ha portato a una grave crisi economica e sociale, con un crollo del Piò, alti livelli di disoccupazione e instabilità politica.
In seguito al default del 2001, l’Argentina ha subito un altro episodio nel 2014, quando ha nuovamente mancato il pagamento di una parte del suo debito. Questo ha generato incertezza sulle prospettive economiche del paese e ha reso difficile l’accesso al credito internazionale.
Come abbiamo visto sono tante le preoccupazioni per il paese che si sta dirigendo sempre più verso una situazione di non ritorno, sull’orlo del fallimento.