Il M5s, di fronte alla notizia delle indagini a carico dell’ispiratore della Flat tax, Armando Siri, non ha esitato a invocare l’esclusione dalle cariche di governo. Siri, sottosegratario al ministero delle Infrastrutture, è indagato per corruzione in un’inchiesta partita dalla Procura di Palermo. Avrebbe accettato la promessa di pagamento di 30mila euro in cambio di un’agevolazione normativa, una richiesta che sarebbe arruvata dal professor Paolo Arata. Siri avrebbe dunque cercato di inserire, ripetutamente, ma senza successo, la norma relativa alla costruzione di impianti eolici nell’ambito di varie riunioni del Consiglio dei ministri. Paolo Arata, inoltre, risulta essere padre di Federico Arata, il quale ha pubblicamente dichiarato di essere uno degli spin doctor (strateghi della comunicazione) della Lega di Salvini.
I contatti fra Paolo Arata e Siri, per ammissione di quest’ultimo, furono frequenti ed estenuanti: “Arata mi ha stressato, mi chiamava continuamente”. Ma le accuse, che si fonderebbero su numerose intercettazioni telefoniche, sono state respinte.
La gestione di questa inchiesta giudiziaria vede contrapposti apertamente Luigi Di Maio, favorevole all’esclusione di Siri (“vada in panchina”), e Matteo Salvini, secondo il quale Siri non dovrebbe dimettersi. Una divisione che, peraltro, coincide con quella sull’opportunità di varare la Flat tax, che vede il M5s assai scettico e più favorevole a scongiurare l’aumento dell’Iva. E’ chiaro, ormai, che non ci sono spazi fiscali sufficienti per approvare entrambe le misure.
“C’è un sottosegretario che ha appreso di essere indagato dai giornali. Lo conosco come persona pulita, integra e onesta”, ha dichiarato il vicepremier Salvini, “lui, per quanto mi riguarda, può rimanere lì a fare il suo lavoro. Dico agli amici dei Cinque Stelle: avete difeso la Raggi per due anni sotto inchiesta, ma due pesi e due misure quando c’è di mezzo la vita delle persone non mi piacciono”.
Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, è rimasta al Campidoglio nonostante un processo a carico per falso, godendo del sostegno del suo movimento fino all’assoluzione. La gravità del reato ipotizzato a carico di Siri, tuttavia, appare assai più grave (per corruzione si rischiano fino a sei anni, per falso in atto pubblico la pena massima è due anni).
La controffensiva pentastellata è stata dura: “Anche oggi la Lega minaccia di far cadere il governo”, ha scritto Di Maio, “lo aveva già fatto con la Tav. Sembra ci siano persino contatti in corso con Silvio Berlusconi per fare un altro esecutivo. Trovo grave che si prenda sempre la palla al balzo per minacciare di buttare via tutto. Ma dov’è il senso di responsabilità verso i cittadini? Dove è la voglia di cambiare davvero le cose, di continuare un percorso, di migliorare il Paese come abbiamo scritto nel contratto?”. Lo stesso premier Giuseppe Conte ha richiamato le forze politiche ricordando che il contratto di governo “prevede che non possano svolgere incarichi ministri e io dico sottosegretari sotto processo per reati gravi come la corruzione”.
L’ipotesi di crisi di governo è stata seccamente smentita da Salvini: “E’ solo nella sua testa”. Siri, da parte sua, ha dichiarato di non essere intenzionato a dimettersi.