Julian Assange è stato condannato a cinquanta settimane di prigione, poco meno di un anno, per aver violato i termini del rilascio su cauzione, quando nel giugno del 2012, anziché consegnarsi alle autorità inglesi per essere estradato in Svezia, si rifugiò nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per chiedere protezione.
Lo ha deciso la Southwark Crown Court di Londra, dove ieri il fondatore di WikiLeaks è arrivato in aula per l’udienza. Il giudice Deborah Taylor ha anche ricordato che Scotland Yard ha speso sedici milioni di sterline per sorvegliare l’ambasciata.
La condanna era ampiamente attesa e il giudice non ha tenuto in alcuna considerazione le motivazioni di Assange che in una lettera letta in aula ha detto di essere fuggito perché si trovava “in circostanze difficili” e temeva di essere estradato negli Stati Uniti. Assange si è anche scusato con la corte, per averle mancato di rispetto.
Oggi il fondatore di WikiLeaks dovrà presentarsi in tribunale per affrontare la richiesta di estradizione da parte degli Stati Uniti per la sua presunta collaborazione con l’allora soldato Bradley Manning (oggi Chelsea Manning) nell’hackerare una password per introdursi nei sistemi informatici governativi e sottrarre dei documenti. La Svezia, che aveva deciso di archiviare le accuse contro Assange, sta considerando la possibilità di riaprire il caso.