Società

Asset allocation: puntare su Singapore, Thailandia e Turchia

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

Il 2010 e’ iniziato all’insegna dell’acronimo Pigs. Il resto dell’anno potrebbe esser guidato da un nuova sigla: Stinc, che sta per Singapore, Thailandia, Turchia, Indonesia e Cile. Cinque angoli della terra forse sottostimati dove le maniche sono state rimboccate a poco a poco e che stanno per portare a un bilancio annuale ragguardevole cui probabilmente seguira’ un decennio altrettanto promettente.

Ognuno di loro rappresenta una fucina di esportazioni. La carta vincente: la focalizzazazione sulla creazione di valore attraverso duro lavoro, crescita demografica, stretta fiscale e invsetimenti in infrastrutture. Questi sono elementi cui una volta Stati Uniti Cina avrebbero brindato ma che sono stati tralasciati nella corsa alla crescita a tutti i costi.

Se vuoi guadagnare anche in fase di ribasso con i titoli e i comparti giusti, segui INSIDER. Se non sei abbonato, fallo subito: costa solo 0.86 euro al giorno, provalo ora!

I paesi Stinc, come li ha definiti Jon Markman, money manager e curatore di analisi per MarketWatch, non sono un capriccio e hanno gia’ subito forme personali di stress test anni fa, dopo per esempio la crisi valutaria asiatica e il panico obbligazionario in Argentina. Le societa’ oepranti su questi territori dovrebbero, secondo alcuni osservatori, esser nei portafogli degli investitori a partire da adesso con un orizzonte temporale di 10 anni, approfittando delle loro contenute dimensioni attuali.

Un modo per prender posizione possono essere gli Etf che hanno come sottostante queste aree geografiche: iShares Singapore, iShares Turkey, iShares Thailand, Market Vectors Indonesia e iShares Chile.

La Turchia e’ la dimostrazione di come un governo improntato alle piccole riforme possa crescere mentre il resto del mondo soffre. Stando alle indicazioni degli esperti di Capital Economics, Istanbul vanta un “outlook di breve termine che e’ il piu’ brillante tra i paesi emergenti dell’est Europa”.

Il centro studi si aspetta che il Pil quest’anno segnera’ +6.5%, +4% nel 2011, +4.5% l’anno successivo. Sebbene il tasso di crescita non sia nell’ordine di un +8% cinese, il paese sta facendo il possibile per il proprio sviluppo senza dover ricorrere a piani centralizzati o a un sistema bancario gonfiato.

Tre i fattori a sostegno della crescita: settore bancario robusto, capace di espandere la concessione dei prestiti alle aziende meritevoli. Tutt’altra cosa rispetto a quanto accade al comparto di realta’ come Grecia o Spagna, alle prese con crediti di cattiva qualita’. Una valuta svalutata sostiene inoltre le esportazioni che si diramano ad ampio raggio. Cio’ significa che la Turchia non dipende esclusivamente dall’Europa occidentale. Il 45% delle sue esportazioni finisce nel Vecchio Continente mentre il 20% e’ indirizzato al Medio Oriente.

Nel caso di Singapore i numeri sono ancor piu’ eloquenti. Nei primi sei mesi dell’anno l’economia ha fatto un balzo del 18.1%. Si tratta del ritmo di crescita piu’ sostenuto dal 1975, cosa che ha spinto il governo locale a prevedere una chiusura d’anno con un +15%.

I motivi che spiegano tale trend vanno da flussi di turisti record ai carichi sempre piu’ voluminosi delle navi cargo che lasciano le coste dell’isola. Anche l’industria dei casino’ fornisce il suo contributo, cosi’ come quello manifatturiero (merito, in questo caso, da bassi costi di materiali e costruzioni). E’ lecito aspettarsi una frenata della crescita nella seconda parte del 2010, ma anche in questo caso il bilancio e’ notevole. “Quest’anno Singapore figurera’ tra i paesi con il maggior tasso di crescita non solo in Asia ma in tutto il resto del mondo”, ha detto a Bloomberg Song Seng-Wun, economista di CIMB Research.

Anche la Thailandia ha dalla sua parte le esportazioni, quest’anno cresciute a un passo che non si vedeva da 20 anni. A giugno sono cresciute del 46.3% rispetto a 12 mesi prima, il tasso piu’ alto dagli anni 90 e ben piu’ alto dell’atteso 34.5%. Thammarat Kittisiripat, economista di TISCO Securities a Bangkok, ha spiegato a Bloomberg che e’ plausbile stimare numeri simili per il resto dell’anno aggiungendo che “qui non ci sara’ nessun impatto della crisi in Europa”.

Soltanto la settimana scorsa la Banca centrale del paese ha alzato il costo del denaro all1.5% stimando un Pil 2010 a +5.8%. Il Fmi dal canto suo prevede un +8%. Le vendite verso gli Usa e l’Europa sono aumentate del 37% a giugno, su del 26% verso la Cina. Come si spiega? Molte fabbriche si stanno spostando nel paese per evitare scioperi, prezzi piu’ alti, corruzione e altri problemi all’ordine del giorno sul suolo cinese. Mitsubishi, Honda e Toyota sono esempi di aziende gia’ presenti in Thailandia. Unica avvertana: , non possono essere ignorati i rischi di tipo politico