Spingere sugli investimenti per sostenere la digitalizzazione dell’industria assicurativa. Solo così si risponderà ai nuovi bisogni di protezione d’individui e famiglie ma anche si consentirà l’accesso al mercato assicurativo dei segmenti rimasti fin qui estranei all’offerta assicurativa.
È questa una delle cinque sfide emerse durante per il futuro del settore durante l’Insurtech Summit, organizzato ieri dall’Italian Insurtech Association con il patrocinio dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID). Un evento dedicato all’innovazione digitale nell’industria assicurativa italiana e agli scenari che l’ecosistema insurtech ha davanti, alla luce delle conseguenze della pandemia.
Vediamole nel dettaglio:
Investimenti strategici
Il 2019 è stato un anno record per l’insurtech con 6,8 miliardi investiti nel mondo attraverso 250 operazioni (+62% rispetto ai 2,6 miliardi rispetto al 2018) ma in Europa sono stati investiti solo 897 milioni. L’Italia, negli ultimi tre anni, ha assorbito meno del 5% del totale investito in Europa: è urgente colmare questo ritardo, che se confermato negli anni futuri, creerà anche nel settore assicurativo un technology gap.
Attualmente sono 326 le start-up Fintech & Insurtech censite in Italia, per un volume di finanziamenti complessivo di 654 milioni di euro. In media solo 2,6 milioni per azienda. Le eccezioni più importanti sono rappresentate dai 100 milioni di Prima Assicurazioni e gli oltre 70 di MoneyFarm.
I settori in cui operano le start-up Fintech &Insurtech Italiane sono eterogenei: dai servizi bancari (42%) ai servizi tecnologici orientati al mondo finanziario e assicurativo (25%). In modo trasversale, il modello adottato è B2B o B2B2C (94% dei casi) .
Per quanto riguarda nel dettaglio le insurtech, sono 21 i comparti quelli rilevati dall’Osservatorio del Politecnico. Il settore in cui si registra il maggior numero di start-up insurtech è quello della salute e del benessere (29%) e dei trasporti (26%). Segue il settore cultura e sport (6%) e animali domestici (3%). Un altro 3% guarda alla ristorazione e un 2% al cyber risk.
Innovare modelli d’offerta e servizi
(Dati dalla ricerca Assicurazioni e Millennials, condotta dall’Italian Insurtech Association)
Costruire un modello (d’offerta e distributivo) fondato sulle nuove tecnologie è diventato un imperativo. Non solo per rispondere ai bisogni (e alle abitudini) emergenti dei consumatori, ma anche per attrarre nel mercato assicurativo individui e imprese che, per reddito e cultura, sono rimasti fin qui estranei al mercato.
In Italia, la popolazione fin qui non raggiunta dall’offerta assicurativa è molto estesa. Una quota rilevante è rappresentata dai giovani che per diverse ragioni, compreso certamente l’impatto dell’emergenza sanitaria, ha sviluppato una forte sensibilità verso il bisogno di protezione e che ha abitudini di spesa/consumo fortemente orientati all’efficienza e alla sostenibilità economica.
La maggior parte dei Millennials (persone nate tra il 1982 e il 1997) intervistati nell’ambito della ricerca Assicurazioni e Millennials di IIA, ha dichiarato di non avere dimestichezza con il mondo assicurativo, ma di essere disposta a dare fiducia a compagnie pronte a soddisfare i propri bisogni. Anche dal punto di vista degli acquisti assicurativi i Millennials seguono logiche piuttosto tradizionali: al primo posto troviamo l’RC Auto (63% nella fascia 23-30 anni e 82% tra i 30 e i 38), seguita da prodotti Danni non Auto, come le polizze Casa (9% nel primo gruppo, 17% nel secondo).
Le caratteristiche maggiormente valutate nel processo di acquisto sono prezzo (75%) e chiarezza del prodotto (58%), ma anche semplicità (21%) e processo di acquisto intuitivo (11%).
Al primo posto, invece, tra gli elementi che allontanerebbero i Millennials dal comprare un’assicurazione c’è un linguaggio poco chiaro (70%) e la paura di incappare in frodi (55%). Un buon 34% ammette anche di non sapere dove comprare i prodotti, mentre il 25% non ne comprende il valore. Interessanti le risposte sulle caratteristiche che una compagnia assicurativa ideale dovrebbe avere: per il 59% degli intervistati questa dovrebbe essere affidabile, mentre per il 52%online/mobile e per il 44% tecnologica e veloce.
Tra i macro-trend evidenziati viene alla luce, oltre ad una crescente domanda per assicurazioni Vita, Salute e Protezione Reddito, anche la richiesta da parte delle generazioni più giovani di prodotti semplici e intuitivi, caratterizzati da un buon rapporto qualità-prezzo.
Le polizze digital on demand hanno le qualità per includere questo, e altri, segmenti di mercato fin qui rimasti estranei all’offerta (per ragioni di reddito) ma che hanno evidenti bisogni di protezione. Micro polizze, polizze pay per use, polizze inclusive e contestuali sono tutte soluzioni digitali accomunate dall’adattabilità alle esigenze personali: possono avere la durata che si vuole (ad es., un giorno, una settimana, un mese); possono coprire i rischi più diversi; danno protezione quando se ne ha un effettivo bisogno.
Lo scenario post Covid-19, con l’emergere di nuove sensibilità e bisogni di protezione, sta inducendo a ripensare il concetto di benessere e il ruolo delle soluzioni assicurative: un segmento fin qui non coperto dalle assicurazioni tradizionali sembra quindi pronto ad accogliere una nuova offerta.
Serve sforzo congiunti di tutti gli attori della filiera
(Contenuti dall’intervento di Davide Falasconi, CIO, Ministero dell’Innovazione e digitalizzazione)
Migliorare il sistema d’innovazione del Paese si può, ma è necessario uno sforzo congiunto e un’azione sistemica Innovazione, infatti, non è solo genialità ma anche l’applicazione di una strategia sinergica che ricorre a metodi e strumenti adeguati.
Per perseguire questo obiettivo, è necessario tenere in considerazione due elementi chiave:
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1- Tecnologie prioritarie
Prima tra tutte, l’Artificial Intelligence. A tal proposito, è stato fondamentale il lavoro del gruppo di esperti selezionati dal Mise che hanno recepito le osservazioni pervenute a seguito della consultazione pubblica dello scorso anno. Il risultato è stato il documento definitivo con le proposte per la “Strategia italiana per l’Intelligenza Artificiale”. Il piano strategico, strutturato in tre parti, compie un’analisi del mercato globale, europeo e nazionale dell’Intelligenza Artificiale e descrive gli elementi fondamentali della strategia, approfondendo anche la governance proposta per l’AI italiana e proponendo alcune raccomandazioni per l’implementazione, il monitoraggio e la comunicazione della strategia nazionale. Il documento sarà alla base della definizione della strategia italiana nell’ambito del Piano Coordinato europeo. -
2 – Il territorio
Fondamentale la componente locale, soprattutto in termini di sperimentazione. Città e Comuni italiani sono stati i protagonisti di Smarter Italy4, programma recentemente lanciato dal MiSE insieme al Ministero dell’Università e della Ricerca e del MID – Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, realizzato dall’Agenzia per l’Italia Digitale. L’obiettivo è accelerare la crescita del Paese attraverso l’utilizzo degli appalti innovativi, migliorando la qualità della vita dei cittadini e l’efficienza dei servizi pubblici, anche attraverso le tecnologie emergenti. Questi temi, che sembrano lontani dal mondo insurance, in realtà sono strettamente connessi. Questo perché l’insurtech non può solo favorire il business assicurativo, ma anche l’ecosistema. Cioè, può fornire un contributo fondamentale per lo sviluppo di soluzioni e innovazioni tecnologiche che si stanno applicando anche in altri campi.
Valorizzare ruolo degli intermediari
(Dati dalla ricerca “Insurtech: consapevolezza, utilizzo e impatto sul business” condotta dall’Iia, con il supporto di EMF Group)
La digitalizzazione del business procede, ma non è ancora in fase avanzata per la maggior parte degli intermediari. L’automazione dei processi è mediamente ormai completa per incassi e pagamenti, ma è bassa circa la gestione dei sinistri e l’emissione dei contratti. Ancora molto limitata invece la capacità di vendere on-line. La propensione verso la digitalizzazione, considerata decisiva per la competitività del futuro, è alta ma allo stesso tempo la maggior parte non vede la disintermediazione come una minaccia.
Sono queste le evidenze della recente indagine condotta dall’Iia ad agenti monomandatari, plurimandatari e brokers. Di seguito alcuni dati in dettaglio.
Solo il 23% degli intervistati considera il proprio business a un livello avanzato di digitalizzazione, mentre per il 20% questo processo è oggi alle fasi iniziali. La maggior parte degli intermediari intervistati dichiara di essere in uno stato di avanzamento nell’applicazione del digital nel modello di business. Lo stato di automazione dei processi, fra cui la gestione dei pagamenti e la gestione dei sinistri, è avanzato nel 24% delle agenzie, mentre è solo agli inizi nel 17%.
Circa il 70% del campione dichiara di essere orientato verso l’evoluzione digitale del business che, per il 79%, sarà decisiva per restare competitivi.
Tuttavia, la maggior parte degli intermediari (pari al 70%) non teme la disintermediazione da parte di attori del tipo digital only. La maggioranza degli intermediari (60%) considera i consumatori abbastanza pronti per l’evoluzione digitale, anche a seguito dell’impatto del Covid. I broker sembrano conoscere meglio i drivers della trasformazione digitale, mentre presso gli agenti c’è ancora poca cultura. Sono in diversi che lamentano la poca formazione ricevuta e la difficoltà a superare il vecchio modo di fare intermediazione assicurativa.
Spesso gli intervistati denunciano che molte delle difficoltà verso l’essere più digital arrivano dalle compagnie, che non supportano abbastanza e non danno strumenti all’altezza. In diversi sostengono che ci vorrebbero più giovani per riuscire a cambiare il modello di agenzia. In ogni caso sia agenti che broker hanno iniziato da almeno un anno un processo di riorganizzazione della propria attività. Dall’indagine sono emersi cinque messaggi chiave:
- 1. Esistono differenze sostanziali nell’ambito digital fra le varie tipologie di agenti
- 2. La maggior parte degli intermediari ritiene che la digitalizzazione sia fondamentale per rimanere competitivi
- 3. I broker sembrano conoscere meglio i driver della trasformazione digitale
- 4. In molti ritengono che le compagnie non supportino a sufficienza la trasformazione degli intermediari digitali
- 5. Diversi intermediari non conoscono i benefici del digital applicato al proprio business
Dai Paesi più avanti la strada da seguire
Sono gli Usa il Paese con l’ecosistema insurtech più grande e avanzato al mondo. Non c’è nessun altro Paese al mondo che raggiunga livelli così alti in un numero così elevato di parametri come gli Stati Uniti. Quando parliamo di innovazione, finanziamenti (le quattro insurtech che nel 2019 hanno ricevuto più investimenti, cioè Bright Health, lClover health, Root e Lemonade sono tutte americane), storie di successo (9 unicorni insurtech su 10 sono americani), numero di insurtech per categoria, gli USA sono sempre al primo posto.
Grazie a un settore assicurativo solido, un’elevata digitalizzazione di famiglie e aziende, e un’abbondanza di talenti, gli Stati Uniti si collocano costantemente al primo posto nelle numerose classifiche delle migliori insurtech del mondo: nel report Insurtech 100 di FinTech Global per il 20198, 39 delle 100 insurtech considerate sono americane. Se guardiamo al livello di adozione di nuove tecnologie e degli ecosistemi digitali, l’Asia è il continente in cui dobbiamo guardare.
Gli ecosistemi digitali, in particolare in Cina, stanno dando impulso al settore assicurativo migliorando la distribuzione e il livello di education assicurativa. L’elevata digitalizzazione di questi Paesi è un fattore abilitante, e sta dando ad un’enorme porzione di popolazione, precedentemente non dalle assicurazioni tradizionali, la possibilità di avere accesso ai servizi offerti dagli ecosistemi orchestrati dagli assicuratori.
Il gruppo cinese Ping An Insurance group eccelle in questo segmento: fondato nel 1988, in 30 anni il gruppo Ping An è diventato uno dei tre primi gruppi assicurativi al mondo, con oltre 370.000 dipendenti, Gwp pari a 155 miliardi di dollari e una valutazione di mercato di 187 miliardi di dollari.
Infine, secondo l’Insurtech Global Outlook 2020, gli investimenti nel settore sono cresciuti in modo significativo negli ultimi anni in Asia e i giganti della tecnologia del continente hanno giocato un ruolo importante, investendo pesantemente in nuovi modelli di business nei settori della sanità o della mobilità. Secondo questo rapporto, il 60% dei fondi investiti nel periodo 2010-2019 è stato assegnato a 32 start-up.
Guardando all’Europa, il Regno Unito è probabilmente il paese con l’ecosistema insurtech più avanzato e organizzato, seguito da Germania e Francia. La maggior parte delle insurtech ha stabilito la propria sede nel Regno Unito per la facilità di fare business in quel Paese, la solidità del mercato assicurativo e la disponibilità di talenti e investimenti privati. La Brexit potrebbe far perdere alla Gran Bretagna lo status di “paese europeo dell’insurtech”,
tutto dipenderà da quanto tempo ci vorrà per raggiungere un accordo e se alle società con sede in Uk verrà concesso un passaporto per operare facilmente nell’Unione Europea.