La definizione del documento programmatico del governo è stata tanto complessa da richiedere un rinvio di tre giorni. La Nota di aggiornamento al Documento economia e finanza (Nadef), nella quale saranno chiarite le coperture per le attese misure su Iva e cuneo fiscale, non uscirà domani, bensì lunedì 30 settembre. La promessa più costosa, e ufficialmente obiettivo fondante dell’alleanza M5s-Pd, è la sterilizzazione delle clausole di salvaguardia che comporterebbero un aumento dell’ aliquota Iva, dal 22% al 25,2%. Il rincaro andrebbe a colpire tutti i beni di consumo riducendo il potere d’acquisto delle famiglie e, potenzialmente, consumi e crescita economica.
Il conto di 23 miliardi di euro, secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, sarebbe coperto solo per tre quarti: occorrerebbero tagli ulteriori per 6-7 miliardi.
Il ministero delle finanze avrebbe calcolato tale ammanco nella copertura delle clausole simulando un rapporto deficit/Pil nel 2020 al 2,2%: la richiesta sarebbe quella di aggiungere un decimale e portarlo a 2,3%. Ciò, in termini assoluti consentirebbe un disavanzo ulteriore di circa 1,9 miliardi.
In queste ore le ipotesi sulle possibili fonti di gettito si sono moltiplicate, anche se dal Mef sarebbe trapelato un invito alla cautela: il cantiere è ancora aperto e l’approssimazione delle indiscrezioni necessariamente grossolana.
Fra queste, l’ipotesi che si possa lasciar salire un po’ una delle aliquote Iva agevolate, recuperando parte del gettito previsto dalle clausole. Ulteriori 1,5 miliardi di euro, scrive sempre il Sole, dovrebbero arrivare dai risparmi derivanti da Quota 100, alla quale hanno aderito meno persone rispetto al previsto. Lo stesso intervento sul cuneo fiscale, che dovrebbe prendere la forma di una detrazione fiscale che inglobi gli 80 euro renziani, potrebbe essere posticipato in un secondo momento.