Domenica 17 dicembre 2023 la Grecia, fino a poco più di 10 anni fa pecora nera dei PIIGS, ha approvato il suo bilancio per il 2024, prevedendo un aumento del tasso di crescita economica al 2,9% dal 2,4% di quest’anno, grazie alle robuste entrate turistiche e ai fondi UE che sostengono gli investimenti.
Il bilancio è stato approvato con 158 voti favorevoli, ovvero la maggioranza del governo conservatore del primo ministro Kyriakos Mitsotakis, in un parlamento da 300 seggi.
L’anno prossimo Atene punterà a un avanzo primario di bilancio (al netto dei costi del servizio sul debito, cioè gli interessi) pari al 2,1% del prodotto interno lordo (PIL), rispetto al surplus dell’1,1% di quest’anno. Circa 1,4 miliardi di euro di spesa sono destinati ad aumentare le entrate, compresi gli aumenti salariali per i dipendenti pubblici per la prima volta dal 2010.
Di fronte a questi numeri è evidente che la Grecia, la nazione più indebitata della zona euro, si sia ripresa fortemente da quando è uscita dai piani di salvataggio internazionali per oltre 260 miliardi di euro nel 2018, segnando la fine di una crisi del debito decennale che l’avevano portata a guadagnarsi il titolo di grande malata d’Europa. Così malata da rischiare di non essere più europea, cioè di dichiarare default e uscire dalla moneta unica.
Il Paese ellenico, che ha riacquistato lo status di investment grade nel 2023 dopo 13 anni, deve però mantenere avanzi di bilancio primari per assicurarsi che il suo debito sia sostenibile e per ora sembra riuscire in questa missione, dando lezioni agli altri PIIGS (acronimo poco velatamente dispregiativo con cui diversi economisti indicavano i Paesi europei Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna con conti pubblici precari tra la fine degli anni ’90 e le crisi finanziarie dei primi lustri del Duemila), tra cui l’Italia, e persino ai Paesi più virtuosi come la Germania.
Italia che, a ben guardare, potrebbe godere anch’essa di entrate turistiche e fondi UE, ma forse non è in grado di saperle sfruttare con criterio. Basti pensare che il 2023 sarà ricordato come l’anno della grande illusione per il turismo italiano: non solo non ha raggiunto i numeri del 2019, né come presenze né per spesa, ma vede anche aumentare il gap tra il Belpaese e gli storici competitor europei, Francia, Spagna e, appunto, Grecia. Federturismo, istituti di ricerca e lo stesso ministero del Turismo si aspettavano l’anno dei record ma i dati estivi del Touring Club Italiano li hanno amaramente smentiti: -13% a luglio. Demoskopika rincara la dose per la stagione invernale: -6,1% di arrivi stranieri e una contrazione della spesa turistica del 7,8%, 1,3 miliardi in meno. In generale, rispetto all’anno scorso il calo del turismo italiano nel 2023 dovrebbe attestarsi su quota -5%/-6%, complice soprattutto la scommessa di puntare sul “turismo del lusso” che durante l’estate ha gonfiato i prezzi a dismisura in quasi tutte le località più gettonate, di cui il caso più eclatante è stato un lido salentino in Puglia che, secondo il Codacons, è arrivato ad affittare una postazione balneare (gazebo con lettini) a un prezzo di circa 1.000 euro al giorno.
Il miracolo portoghese: un esempio di riscatto dei PIIGS
Anche il Portogallo si candida tra i PIIGS per insegnare all’Italia che l’austerity non è per forza una medicina con effetti collaterali troppo pesanti da sopportare. Ad esempio, stando all’annuncio del governo di Lisbona, già dal 2024 il debito pubblico portoghese potrebbe scendere sotto il 100% nel rapporto con il PIL. Era il 129% dodici anni fa, persino più alto di quello italiano. E già nel 2022 è sceso al 113%, al di sotto del livello pre-pandemia. Mentre quello italiano viaggia ancora ampiamente sopra il 140% (143,7%). Inoltre, sempre l’anno passato, il tasso di disoccupazione è stato del 6% (contro l’8,1% dell’Italia) e il Pil è cresciuto del 6,7% (il doppio rispetto al nostro e il secondo più alto nell’Eurozona dopo l’Irlanda, altro membro dei PIIGS).
Per rimettere in sesto i conti dopo gli ammonimenti della Troika, Lisbona ha utilizzato una combinazione di incentivi fiscali, stimoli e iniziative innovative volte soprattutto ad attrarre gli investitori stranieri. Ciò ha contribuito ad alimentare la crescita, che ha registrato un ritmo medio di quasi il 2,6% dal 2015 fino alla pandemia.
Quanto successo in Portogallo può essere di lezione per l’Italia? Premesso che non si può paragonare un piccolo Paese a una grande economia come la nostra, il modello portoghese potrebbe tuttavia essere un monito. Tanto più in un contesto in cui l’Europa sta provando a riscrivere le regole del Patto di stabilità e crescita. La Commissione europea ha proposto una riforma del Patto che dà più tempo agli Stati ad alto debito pubblico per ridurre questo peso. I falchi del rigore, in particolare in Germania, si oppongono alla proposta di Bruxelles, e chiedono maggiori vincoli. Ma persino la Germania ha dimostrato recentemente di non essere perfetta. Tra l’altro, il calo dell’indice IFO di fiducia delle imprese in Germania di dicembre 2023, a 86,4 da 87,2 (rivisto da 87,3) dopo tre aumenti mensili consecutivi e a dispetto di attese di lieve miglioramento (87,8 punti), fa eco al messaggio del PMI composito pubblicato la scorsa settimana e conferma la forte debolezza dell’economia tedesca. Sembra infatti molto probabile che il PIL tedesco si contrarrà per il secondo trimestre consecutivo nei mesi autunnali e che il 2024 sarà un altro anno difficile.