NEW YORK (WSI) – Lui si chiama James Rickards ed è economista, investment banker e autore del libro “Currency Wars”, ovvero “Guerre valutarie”. In un momento in cui sono mesi che l’azionario punta verso l’alto, Rickards mette sul banco degli imputati la Fed e il suo massiccio programma di quantitative easing. Responsabili, a suo avviso, di star creando bolle speculative nei mercati azionari e immobiliari.
“I prezzi delle azioni sono più alti, quelli delle case anche, ma sono più elevati per la ragione sbagliata – ha detto Rickards in un’intervista esclusiva rilasciata al canale Newsmax TV – Il loro valore è più alto a causa della moneta che viene stampata. In altre parole, queste sono nuove bolle in formazione”.
I buy che hanno travolto i mercati sono sotto gli occhi di tutti. Gli indici principali di Wall Street hanno testato nella seduta di martedì i massimi degli ultimi cinque anni, mentre i prezzi delle case, misurati dall’indice delle 20 principali città metropolitane, lo S&P/Case-Shiller, ha registrato il guadagno più consistente nei 12 mesi terminati a novembre.
“Una delle cose che sappiamo riguardo alle bolle è che la loro durata è superiore a quanto gli investitori possano prevedere – continua Rickards, che è anche senior managing director presso Tangent Capital Partners – Ovviamente, queste si manifestano in modo inatteso, e al momento non ci troviamo ancora in quella fase. Ma siamo più vicini alla fase iniziale delle bolle nei mercati azionari e immobiliari, provocate dallo stampare moneta da parte della Fed”.
Dunque, i titoli azionari registreranno una buona performance nel 2013, ma appunto per motivi che non hanno niente a che vedere con la realtà. “Non è certo per la solidità dei fondamentali dell’economia” che le azioni stanno avanzando. Tra l’altro, Rickard prevede che le mosse di politica monetaria espansiva da parte di Bernanke e colleghi continueranno, forse fino al 2015.
“In teoria, tale situazione creerà effetti positivi sul benessere. La gente si sentirà più ricca, in quanto i loro asset saliranno, e dunque si tenderà a spendere di più”. Ma, alla fine, “una bolla è una bolla”.