Economia

Azionario record dal 2015. Con Trump questo asset rischia bagno di sangue

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L’azionario globale ha testato il record di sempre per la prima volta dal 2015, stando a quanto risulta dalla performance dell’indice di riferimento Ftse All World. Merito dei buy che si sono scatenati dal giorno della vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa su Wall Street, e che hanno avuto un effetto domino anche sugli altri mercati. Borsa Milano fiacca, occhio alla nota di Fitch, da cui emerge che l’agenzia di rating ha un outlook negativo sulle banche italiane.

A pesare i crediti deteriorati degli istituti che hanno toccato i 330 miliardi di euro a metà 2016.”Hanno raggiunto livelli di gran lunga peggiori rispetto alla media degli altri Paesi dell’Eurozona“, fa notare l’agenzia di rating, in un momento in cui gli investitori guardano all’operazione di ricapitalizzazione di UniCredit, al dossier ‘GeneraliIntesa SanPaolo“, alle banche venete Popolare di Vicenza e Veneto Banca e al futuro di MPS

In generale, pausa di riflessione dopo i continui record messi a segno dai principali indici Usa Dow Jones, Nasdaq e S&P. Il Nasdaq è reduce tra l’altro dalperiodo rialzista più lungo dal 27 dicembre del 1999.

Le minacce sui buy tuttavia incombono, e c’è che ritiene che il rischio di una guerra commerciale, che potrebbe costare al Dow Jones il 12%.

I dati macro arrivati su Wall Street hanno dato ragione ai falchi della Federal Reserve, con le vendite al dettaglioche sono cresciute a un ritmo più veloce delle attese e l’indice dei prezzi al consumo, importante termometro dell’inflazione, balzato al ritmo più forte in quasi quattro anni. Ma altri dati hanno sollevato più di un dubbio sulla reale solidità dell’economia Usa.

Per alcuni analisti, tuttavia, il rischio non è tanto di una correzione dell’azionario, quanto di una vendita-svendita di Treasuries da parte delle stesse banche Usa. Gli istituti americani, dal momento della crisi, hanno accumulato nei loro bilanci i titoli di stato Usa, per la loro natura di asset “sicuri”, al fine di rispettare i livelli di capitali richiesti. Tuttavia, se la legislazione Dodd-Frank emanata subito dopo la crisi finanziari del 2008 dovesse essere affossata da Trump, le banche potrebbero essere libere di non attenersi più ai dikat richiesti, riducendo i Treasuries che detengono.

In un’analisi segnalata dal sito della CNBC, Gerard Cassidy, managing director e analista del settore bancario di RBC ha calcolato che i 24 principali colossi bancari possiedono un eccesso di capitale già superiore ai $100 miliardi, con Citigroup e JP Morgan che svettano in cima alla classifica. Se la regolamentazione Dodd-Frank dovesse essere allentata, tali banche potrebbero liberarsi dei cuscinetti di capitale accumulati per far fronte all’eventualità di una nuova crisi, vendere i Treasuries e utilizzare il ricavato per lanciare operazioni di buyback azionario.

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