ROMA (WSI) – Non solo sulle quattro banche in risoluzione ma il bail-in ha dei costi che si riversano anche sugli altri istituti di credito italiani che a loro volta li fanno pagare ovviamente ai loro clienti, aumentando i costi dei conti correnti a cui potrebbe aggiungersi il rischio di una nuova tassa sui bancomat lanciata in Spagna.
Andando per ordine, dopo quasi un anno da quando sono finite in risoluzione quattro banche regionali – Banca Etruria, banca Marche, CariChieti e CariFerrara – il loro salvataggio è costato ad obbligazionisti, altre banche, Stato e correntisti, circa 5 miliardi di euro. Ma ora c’è un altro rischio più grande dietro l’angolo ossia che una mancata vendita delle quattro good bank potrebbe portare ad una loro liquidazione creando un effetto domino su tutto il paese, come sottolinea Riccardo Colombani a Reteurs.
“Con la liquidazione si aprirebbe uno scenario da effetto domino su tutto il Paese, assolutamente da evitare. Sono sicuro che le banche, agendo come sistema solidale, sapranno scongiurare questo rischio”.
In più tra le vittime illustri della risoluzione delle quattro banche vi sono i correntisti di alcuni grandi istituti di credito coinvolti nel salvataggio. Tra contributi al fondo di risoluzione (2,4 miliardi), prestiti ponte (1,7 miliardi) e i circa 700 milioni per il fondo volontario creato dalle banche presso il Fondo interbancario dei depositi l’apporto delle banche sane per le banche in crisi si avvicina a 5 miliardi di euro.
Come riferisce l’Aduc, l’associazione dei consumatori, molti correntisti in particolare di Ubi e Banco Popolare, hanno ricevuto una notifica di rincaro delle condizioni del loro conto motivata, in alcuni casi, dai “contributi al neo costituito fondo di risoluzione”. In sostanza le banche girano sui loro clienti il costo che hanno dovuto pagare, previsto dalla legge, per finanziare la risoluzione delle quattro banche.
Un incremento dei costi operativi che viene confermato anche da un report realizzato da alcuni ricercatori della società di consulenza strategica su un campione di 12 banche vigilate dalla Bce più il Credito Valtellinese. Come rivela il sito Formiche.net, dal rapporto si rileva che:
“Nell’ambito della gestione ordinaria hanno influito il calo del margine d’intermediazione (-4,4% aggregato), frutto della riduzione di tutte le sue principali fonti (margine di interesse, commissioni nette, e risultato della negoziazione); l’incremento dei costi operativi, in parte attribuibile ai contributi versati al Fondo di risoluzione nazionale, al Fondo interbancario di tutela dei depositi, e al canone Dta; l’incremento delle rettifiche nette sui crediti condizionato da livelli eccezionalmente elevati di alcuni operatori”.
In riferimento ai costi che subiscono le banche e che inevitabilmente finiscono per riversare sui loro clienti arriva dalla Spagna la nuova tassa sui bancomat. Come rende noto ItaliaOggi, dopo Barcellona anche Madrid ha deciso di introdurre dal 1 gennaio 2017 la tassa sui bancomat che farà pagare alle banche con entità variabile a seconda delle strade della città. Così nelle strade più chic, le banche pagheranno 742 euro all’anno, per quelli nelle zone più popolari un minimo di 26 euro. In tal modo il Comune prevede di incassare 750mila euro all’anno. Ma chi pagherà realmente per questa tassa? I clienti naturalmente.