La nazionalizzazione di Banca Carige non è un’ipotesi sul tavolo né tantomeno è necessaria. Lo dicono i commissari dell’istituto ligure in una conferenza stampa a Genova, mentre scoppiava la polemica politica sull’intervento del governo, con un decreto approvato lunedì sera, che include anche la possibilità di una ricapitalizzazione pubblica a scopo precauzionale, ipotesi che fin da subito la banca ha considerato come residuale.
Il commissario nonché ex presidente della banca Pietro Modiano in merito all’ipotesi nazionalizzazione ha spiegato che non bisogna “assimilare i nostri problemi con i salvataggi miliardari”, e che pertanto Carige “non c’entra nulla con Mps per motivi di ordine di grandezza”. Poi ha rassicurato i risparmiatori.
La banca c’è, è viva, lo dimostra oggi l’accordo fatto con la Regione Liguria e il fatto che c’è un decreto del governo che ci dà perfino la garanzia sull’emissione delle obbligazioni e quindi è un elemento definitivo di rassicurazione per i nostri clienti”.
L’altro commissario Fabio Innocenzi invece sottolinea come entro il 26 febbraio verrà messo a punto il piano industriale e dopodichè saranno sollecitate le manifestazioni di interesse di soggetti interessati ad aggregare Carige.
Non abbiamo ancora chiesto manifestazioni di interesse. Stiamo predisponendo un soggetto interessante per una acquisizione (…) Dei pretendenti parleremo nei prossimi mesi.
Lo scoglio più grande però sono i 3,6 miliardi di crediti deteriorati e i commissari di svelano di voler puntare ad un portafoglio di crediti deteriorati di almeno 1,5 miliardi di valore lordo, sui 2,8 totali.
“Confermo che vogliamo andare a metterci sotto il 10” (nel rapporto tra crediti deteriorati e totale impieghi) “qualunque numero tra 1,5 miliardi e 2,8 miliardi è un numero che va bene (…) Obiettivo essere quanto più neutrali sui ratios patrimoniali.