ROMA (WSI) – Nel crac di Banca Etruria il padre del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi, l’ex vicepresidente dell’istituto Pierluigi Boschi c’entra, eccome.
E questa volta non è un esponente del Movimento 5 Stelle, Forza Italia, o Sel a lanciare l’accusa, ma direttamente Palazzo Koch, che ha pensato bene di svegliarsi.
Bankitalia si muove e in un dossier pubblicato dal Corriere della Sera nel fine settimana fa il punto della situazione sulle responsabilità dei vertici di Banca Etruria, una delle quattro banche italiane salvate in extremis dal governo Renzi con il ben noto decreto salva-banche, che ha di fatto mandato sul lastrico diversi risparmiatori italiani, scatenando un’ondata di polemiche riguardo al ruolo che la stessa Bankitalia, insieme alla collega Consob, ha avuto nell’intera vicenda.
Cosa facevano i più importanti organi di vigilanza chiamati a monitorare rispettivamente le banche e i mercati, mentre gli istituti di credito si rendevano protagonisti di una cronaca di una morte annunciata?
Quel che facessero allora rimane un mistero, mentre invece in queste ultime ore si sono avute informazioni ben precise sul “j’accuse” di Bankitalia nei confronti degli ex vertici di Banca Etruria. Tra questi, per l’appunto, l’ex vicepresidente papà del ministro Boschi, insieme all’altro ex vice presidente Alfredo Berni e all’ex presidente Lorenzo Rosi. Responsabilità anche a carico dei componenti del consiglio di amministrazione.
Nell’articolo del Corriere, che riporta il dossier di Bankitalia, si legge:
Dodici punti di contestazione che chiamano direttamente in causa l’ex presidente Lorenzo Rosi, i due ex vicepresidenti Alfredo Berni e Pierluigi Boschi – padre del ministro delle Riforme Maria Elena – e i componenti del Cda Claudia Bugno, Andrea Orlandi, Luciano Nataloni, Luigi Nannipieri e Claudio Salini. Tutti accusati dai funzionari di Palazzo Koch di «inerzia nell’attivare adeguate misure correttive per risanare la gestione, provocando un ulteriore peggioramento della situazione tecnica, già gravemente deteriorata. Comportamento che ha provocato una significativa erosione delle esigue risorse patrimoniali, da tempo non in grado di soddisfare il previsto “capital conservation buffer” del 2,5 per cento». Tutti chiamati a difendersi dall’accusa di non aver «pianificato interventi idonei a ristabilire l’equipaggio reddituale del gruppo, per di più necessari in considerazione dell’elevato ammontare degli attivi infruttiferi e dei vincoli in termini di patrimonio e redditività».
Nella relazione già notificata agli interessati per le controdeduzioni, sono elencati gli sprechi, gli abusi, e gli atti omissivi che hanno svuotato le casse di Etruria e – dopo il decreto del 22 novembre varato dal governo – causato perdite enormi per azionisti e obbligazionisti. Tra loro anche piccoli risparmiatori convinti di aver messo al sicuro i propri soldi e invece travolti da un fallimento che ha reso il loro investimento carta straccia.
Dal verdetto degli ispettori di Bankitalia, emerge che la cattiva gestione della banca avrebbe provocato una perdita di ben 517 milioni di euro in un solo anno.
Si legge, ancora, nel Corriere:
Tra i principali addebiti al presidente e ai due vice c’è poi il mancato rispetto della delibera sulla riduzione degli emolumenti, ma pure la scelta di non proporre ai soci «l’unica offerta giuridicamente rilevante presentata dalla Popolare di Vicenza di un euro per azione, estesa al 90 per cento del pacchetto azionario». Secondo gli ispettori ciò «ha lasciato inevasa la richiesta della Vigilanza di realizzare un processo di integrazione con un partner di elevato “standing” e non ha portato a tempestive ed efficaci iniziative per una soluzione alternativa».
Il dossier fa riferimento anche a una situazione in cui il consiglio di amministrazione, nonostante i forti buchi di bilancio, abbia autorizzato “pagamenti faraonici ai manager”. E ancora da Bankitalia:
«Dall’analisi di un campione di 103 “sofferenze” classificate tra settembre 2013 e lo stesso mese del 2014 emergono le seguenti anomalie: le garanzie consortili sono risultate non attivabili nel 23 per cento dei casi a motivo del mancato pagamento delle commissioni o del mancato invio di lettere di messa in mora; le fidejussioni rilasciate dai garanti, nel 91 per cento dei casi erano prive di efficacia ai fini del recupero, anche a causa della mancanza di monitoraggio sui beni degli stessi».
Torna intanto alla carica il Codacons, che invoca un intervento da parte della Corte dei Conti:
“Le accuse mosse da Bankitalia sono pesantissime. si va dal non essersi ridotti gli emolumenti all’aver continuato a pagare in eccesso i manager; non si sarebbe poi tenuto conto del documento sulle politiche di ‘remunerazione e incentivazione’ approvato dall’assemblea dei soci del maggio 2014 che non consentiva la corresponsione di alcuna forma di incentivazione al personale più rilevante, fino ad arrivare al premio sociale di 2,1 mln di euro distribuito ai dipendenti nel 2013”.
Prosegue l’associazione dei consumatori:
“Tutti questi rilievi finiranno ora davanti la Corte dei conti, già lo scorso dicembre ci eravamo rivolti alla magistratura contabile chiedendo di aprire una indagine sul caso di Banca Etruria. Ora, alla luce del documento di Bankitalia, presenteremo una nuova denuncia alla Corte dei conti, affinché verifichi se la gestione dell`istituto di credito abbia configurato un uso distorto ed errato dei soldi di clienti e risparmiatori, e perché vengano individuati i responsabili di sprechi ed elargizioni folli a manager e dipendenti mentre la banca colava a picco“.
Il Codacons annuncia inoltre “una clamorosa protesta” sotto la sede della Consob a Roma, domani martedì 12 gennaio, insieme al Comitato vittime del salva-banche e ai risparmiatori coinvolti nel salvataggio delle 4 banche “per chiedere giustizia e richiamare la Consob alle proprie responsabilità”.
In un comunicato, si legge che il Codacons: “darà voce al malcontento dei piccoli investitori, tentando letteralmente di sfondare il muro di omertà della Consob sul caso dei risparmiatori Carife, Banca Etruria, Carichieti e Banca Marche, e cercherà di accedere ai piani alti della Commissione per chiedere ai vertici dell’istituto spiegazioni sulle omissioni che hanno portato all`azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate”.
Ancora, il Codacons porterà al cospetto della Consob “una ulteriore denuncia relativa ad un nuovo scandalo bancario che coinvolge i risparmiatori italiani, e che ancora una volta vede bruciati i risparmi dei piccoli investitori”.