Il bail-in, letteralmente salvataggio interno, è lo strumento che permette alle autorità di risoluzione di disporre, al ricorrere delle condizioni previste, la riduzione del valore delle azioni e di alcuni crediti o la loro conversione in azioni per assorbire le perdite. Obiettivo è ricapitalizzare la banca in misura sufficiente a ripristinare un’adeguata capitalizzazione e a mantenere la fiducia del mercato.
Le crisi bancarie
In Italia la normativa in questione è applicabile dal primo gennaio 2016. Il sistema bancario tricolore è stato in più occasioni nell’occhio del ciclone. Il paziente zero della crisi bancaria italiana si chiama Mps. A fine 2015 quattro banche in condizioni di dissesto sono finite in procedura di risoluzione: Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio di Ferrara, Cassa di Risparmio di Chieti. Tutte insieme valevano appena l’1% del mercato bancario italiano.
Onde evitarne il fallimento e rivenderle in breve tempo, Banca Marche, Etruria, CariFerrara e CariChieti sono state comprate da Ubi Banca e Bper per un euro nei mesi successivi. E nel 2017 il Governo è intervenuto per assicurare il salvataggio di MPS e delle due banche venete, Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza.
Le banche più esposte al rischio bail-in
Un elenco esaustivo e ufficiale non c’è ma vari report possono aiutarci. In primis è opportuno guardare all’elenco delle banche sotto commissariamento da parte della Banca d’Italia. Le banche commissariate in Italia rappresentano un forte rischio anche se il commissariamento non significa necessariamente rischiare il bail in. Gli istituti sottoposti a commissariamento da parte della Banca d’Italia passano dai 14 del 2017 a soli 3 nel 2018. Trattasi dell’Istituto per il Credito Sportivo, (che in data 28 febbraio 2018 ha chiuso la procedura di amministrazione straordinaria) della BCC di Cittanova e della Banca Sviluppo Economico spa. Al 10 gennaio 2019 sono due: Banca di Credito Cooperativo di Cittanova e Banca Carige.
Altro documento importante che mette in luce le banche sane sono gli stress test dell’Eba, l’Autorità dell’Unione europea che vigilia sul mercato bancario europeo. Gli ultimi stress test premiano Intesa SanPaolo, Unicredit, Ubi e Banco-Bpm. Nel dettaglio Intesa Sanpaolo in uno scenario economico avverso vede il proprio Cet1 fully loaded (ovvero con il recepimento a regime dei criteri contabili Ifrs9, più stringenti) al 9,66%, mentre il Cet1 Transitional (e cioè con i criteri transitori dell’Ifrs 9) è al 10,40%. Per Unicredit il fully loaded al 2020 è stimato nello scenario avverso al 9,34%, stesso livello che troviamo per il Transitional. Se la cavano un po’ meno bene Ubi (7,46%, ma nella media Ue) ma soprattutto Banco Bpm che ne esce con un Cet1 al 6,67%.
Moody’s: 12 banche sotto osservazione
Altro report è quello reso noto a ottobre 2018 dall’agenzia di rating Moody’s che a seguito del downgrade dell’Italia ha messo sotto osservazione 12 banche italiane. Nel dettaglio trattasi di: UniCredit, Intesa Sanpaolo, Banca IMI, Cassa Depositi e Prestiti, Mediobanca, CA Cariparma, FCA Bank, Banca Nazionale Del Lavoro, Credito Emiliano, Cassa Centrale Raiffeisen, Invitalia, Banca del Mezzogiorno – MCC S.p.A. (Banca del Mezzogiorno). Come spiega Moody’s:
Anche se il contesto operativo per le banche è colpito negativamente dall’aumentata suscettibilità ai rischi politici del paese, le condizioni di credito sono moderatamente migliorate in seguito a un calo concreto” dei non performing loans negli ultimi due anni prevedendo che i crediti problematici scenderanno sotto l’11% dei crediti lordi entro la fine del 2018 e scenderanno ancora nel 2019, rispetto al picco di oltre il 18% nel 2015.
Banche sicure: occhio al CET1
Considerato uno dei pilastri per la valutazione della solidità patrimoniale, il Common Equity Tier 1 (Cet1), indica che la banca è in grado di sopportare maggiori perdite senza entrare in crisi. Secondo i parametri della Bce, il minimo ammesso è un rapporto dell’8,625%. Dall’ultimo stress test Eba, condotto sugli istituti direttamente sottoposti alla sorveglianza della Bce, è emerso che le maggiori banche italiane sono al riparo da eventuali scenari avversi.
Nella classifica più ampia, – comprensiva anche degli istituti che non vengono sottoposti agli stress test -stilata sulla base dei dati relativi al terzo trimestre 2018, troviamo Fineco Bank 20,46%, Mediolanum 20,2%, Banca Generali 18,0%, Creval 16,8%, Fideuram 15,5%, Bper 14,7%, Mediobanca 14,2%, Ing group 14,0%, Intesa 13,7%, Banco Bpm 13,2%, Credem 13,1%, Mps 12,8%, Farmafactoring 12,2, Unicredit 12,11%, Banco Desio 11,6%, Pop Sondrio 11.59%, Ubi 11,42%, Banca Sella 14,49%, Banca Sistema11,1%, Carige 10,8%, Banca Ifis 10,67%.
Bail- in: le banche europee a rischio
Volgendo lo sguardo all’Ue, gli stress test dell’Eba hanno mese otto osservazione Deutsche Bank – che comunque è stata promossa. Tra le più deboli della classifica troviamo le banche britanniche Barclays e Lloyds, la tedesca Norddeutsche Landesbanken.
Da ultimo si ricorda il caso della tedesca Nord LB , il cui salvataggio non pare seguire le regole puntuali del bail-in: le autorità tedesche hanno stabilito che l’istituto venga messo in sicurezza con 3,7 miliardi di euro complessivi, di cui 1,5 in arrivo dal Lander primo azionista, ossia la Bassa Sassonia.
Altri 1,2 miliardi arriveranno invece dal fondo interbancario delle Sparkassen (le casse di risparmio tedesche), a cui potrebbe aggiungersi un ulteriore miliardo di risorse pubbliche, senza l’aiuto quindi dei risparmiatori.