In attesa dell’incontro per il rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro dei bancari (scaduto a fine 2022), previsto per il prossimo 26 luglio, facciamo il punto su come si sono evolute le banche italiane dal 2012 a oggi.
Tutti i numeri delle banche italiane
Fabi, il sindacato dei bancari, ha scattato una fotografia del settore ieri, durante l’incontro in Abi (Associazione Bancaria Italiana) che ha aperto il negoziato sul rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro di 280 mila lavoratrici e lavoratori delle banche, prorogato a più riprese fino al 31 luglio 2023.
Sul fronte finanziario, le banche hanno visto salire utili e ricavi. Questi ultimi sono aumentati del 18% in 10 anni, passando dai 74 miliardi di euro del 2012 agli 88 miliardi del 2022. Boom del 1000% degli utili, esplosi dalla perdita di 2,5 miliardi del 2012 all’utile record di 25 miliardi del 2022. Il rapporto tra costi e fatturato nel settore bancario è pari al 63,1%: uno dei migliori dati a livello europeo.
I costi operativi degli istituti di credito sono saliti del 20%, nonostante il calo dei dipendenti bancari (-14,7%) e delle filiali (-36,2%). I risparmi sul personale e i tagli alla rete sono stati infatti impiegati per coprire consulenze, spese legali e digitalizzazione. Del resto, tra il 2004 e il 2020 la quota di persone che utilizzano servizi bancari online in Italia è aumentata da meno dell’8% al 40%, dice uno studio di Banca d’Italia.
Secondo i dati di Manageritalia, nel 2021 le filiali bancarie sono diminuite da 23.481 di fine 2020 a 21.650 a fine 2021: ben 1.831 sportelli chiusi in un solo anno. Il calo ha riguardato tutte le regioni italiane e sono ben 4.902 i comuni della Penisola che non hanno neanche uno sportello bancario nei propri confini.
Il settore bancario inoltre è andato verso una progressiva concentrazione: i principali gruppi del settore Abi fra il 2012 e il 2022 sono scesi da 31 a 18. Parallelamente, è migliorata notevolmente la qualità dei crediti bancari, anche grazie all’approccio rigido della vigilanza della Bce a seguito della Grande Recessione del 2008: i crediti deteriorati oggi sono pari a 55 miliardi, contro i 350 miliardi del 2014.
Da filiali a “negozi finanziari”
Fabi rileva che negli ultimi 10 anni, sono profondamente cambiati la natura, l’assetto e gli equilibri politici del settore bancario: da presidio del territorio con attenzione verso l’economia reale, le imprese e le famiglie, le filiali delle banche si sono trasformate in negozi finanziari.
Un cambiamento che si legge chiaramente nei bilanci: più della metà dei ricavi degli ultimi 5 anni (209 miliardi) proveniva da commissioni; mentre 204 miliardi (49,5%) arrivano dal margine d’interesse, cioè dai prestiti. Nel 2022, i prestiti sono tornati a essere la fonte maggiore di ricavi per merito del rialzo dei tassi che sta portando avanti la Bce. Ad ogni modo, la tendenza degli istituti di credito dell’ultimo quinquennio consiste in più commissioni, meno credito. Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, ha commentato:
“Le banche probabilmente non vogliono più rappresentare la cinghia di trasmissione tra la finanza e i territori. Noi, invece, pensiamo che, accanto al legittimo obiettivo di creare valore per gli azionisti, debba continuare a esistere il ruolo sociale che, nonostante la propaganda, si è fortemente ridimensionato. Obiettivo dei vertici delle banche è: aumentare ricavi e utili, anche riducendo i costi, per poter distribuire dividendi importanti agli azionisti“.
A suo avviso occorre invertire la rotta, dando il giusto riconoscimento economico ai dipendenti bancari per i loro sforzi, che hanno consentito alle banche di ottenere utili così elevati.