MILANO (WSI) – Entro il 2019 saranno chiuse circa 3mila filiali. A lanciare la bomba è Lando Sileoni, segretario generale della Fabi (Federazione autonoma bancari italiani), il principale sindacato di settore che snocciola una serie di dati derivanti da un’analisi sui piani industriali di cinque dei principali istituti italiani (Intesa, Unicredit, Mps, Banco Popolare e Ubi) diffusa dalla stessa sigla sindacale.
“Nei prossimi quattro anni, usciranno volontariamente circa 25 mila lavoratori, come risultato di accordi sottoscritti tra sindacati e gruppi bancari, che si aggiungeranno agli altri 40 mila già usciti. Le banche oggi impiegano circa 300 mila persone, più altre 37 mila che lavorano nelle banche di credito cooperativo. La nota positiva è che questi 65 mila li abbiamo gestiti ottenendo anche 18 mila assunzioni di giovani a tempo indeterminato. Ma una volta che avremo esaurito questo bacino di prepensionamenti, quando arriveranno nuove aggregazioni, l’alternativa sarà passare ai licenziamenti”.
Così il sindacalista a la Stampa a cui affida anche la sua ricetta per ovviare ai licenziamenti. Quale? Prevedere nuove figure professionali.
“Serve una flessibilità gestita e non subita. Abbiamo fatto le nuove assunzioni con un contratto misto, sia da promotore finanziario che da impiegato di banca (…) bisogna prevedere nuove figure professionali. Con Intesa e Banco Bpm abbiamo concordato a livello aziendale lo smart working, cioè il lavoro da casa. Questa è una forma alternativa che può dare risultati, se gestita bene (…) Io non credo che ci sarà un cambiamento radicale del modo di fare banca. I banchieri sono molto gelosi del loro ruolo. Non saranno mai disponibili a cedere il potere contrattuale che hanno rispetto al quanto e se concedere un certo fido alla clientela. Per mantenere questo rapporto di forza con la clientela non adotteranno mai criteri trasparenti per il metodo del credito”.