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Banche, in futuro sempre più ecosistemi interbancari

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Molto spesso le banche preferiscono condividere lo sviluppo di alcune attività piuttosto che realizzarle in autonomia. Da queste collaborazioni con operatori di altri settori o la pubblica amministrazione nascono i cosiddetti ecosistemi interbancari. Deloitte ritiene che siano cruciali per accelerare la trasformazione dei servizi bancari nonostante negli ultimi tempi siano passati in secondo piano rispetto alle possibili collaborazioni con il mondo fintech o i colossi del web come Apple, Google o Alibaba.

Ecosistemi interbancari, non solo sinergie di costo

Deloitte ha analizzato la logica alla base di oltre 200 ecosistemi avviati in Europa a partire dal 1960. L’analisi, contenuta nell’articolo “Interbank ecosystems,” evidenzia che l’80% di questi accordi di collaborazione è stato avviato per ottenere sinergie di costo realizzando economie di scala in aree ritenute non competitive. Questa logica continua a essere ancora molto rilevante, come dimostrano le recenti iniziative congiunte di sportelli automatici (ATM) come JoFiCo in Belgio e Geldmaat in Olanda.

Ma le sinergie di costo non sono l’unico motivo che spingono alla nascita degli ecosistemi.

Il secondo motivo che favorisce la collaborazione tra i diversi istituti è la ricerca da parte dei consumatori nei cosiddetti mercati bilaterali come quelli delle carte di credito, dove la piattaforma funziona solo se esiste uno standard comune su entrambi i lati della domanda e dell’offerta.

C’è poi la ricerca di nuove fonti di ricavi ed è stato rilevato da Deloitte nel 30% dei casi. Spesso questa attività viene effettuata con operatori non bancari o nasce da un’acquisizione fintech.

Il quarto driver per avviare gli ecosistemi è legato alla necessità di ridurre i costi e i rischi di compliance, in particolare nei processi di onboarding dei clienti e nei reati finanziari.

Ecosistemi e Big Tech: come avviene la cooperazione

Per le banche un’alternativa agli ecosistemi è rappresentata dalle collaborazioni con i Big Tech. Sono state avviate in molti paesi, soprattutto nell’area dei pagamenti digitali, dove aziende come Apple Pay e Google Pay hanno quote di mercato significative. Ma le banche sembrano ancora restie ad approfondire questa collaborazione perché i manager del settore finanziario temono che possano diventare un cavallo di Troia che alla fine metterà in pericolo il ruolo e la funzione degli istituti di credito.

Secondo Deloitte non è da escludere anche il passaggio inverso, ovvero che le Big Tech in futuro parteciperanno sempre di più agli ecosistemi interbancari. Questo perché gli istituti di credito dispongono di una conoscenza specifica della regolamentazione, della gestione del rischio e dei prodotti bancari, che le aziende Big Tech ancora non hanno e non sembrano voler acquisire.

Grande varietà di ecosistemi in tutta Europa

Gli ecosistemi non sono tutti uguali. Secondo Deloitte le differenze sono dovute in gran parte ai diversi sistemi di costi e pressioni normative presenti nei diversi paesi europei, dalla proattività delle autorità pubbliche e dell‘Associazione bancaria del paese, dal grado di innovazione e dal livello di fiducia tra i manager delle diverse banche. Più alti sono questi cinque fattori e più è probabile che si formino nuovi ecosistemi interbancari.

Nonostante l’integrazione economica nella zona euro, gli ecosistemi interbancari hanno però difficoltà a uscire dal loro paese di origine. Solo dieci di loro sono stati in grado di raggiungere una significativa dimensione internazionale e s tratta di realtà attive nel trading in titoli o nel trade finance. Uno dei pochi esempi è la piattaforma We.trade, basata su blockchain e attiva in 11 paesi europei. Bisogna comunque considerare che la mancanza di ecosistemi su larga scala riflette l’assenza di gruppi bancari europei integrati.

Il futuro degli ecosistemi: espansione e consolidamento

In futuro il numero di ecosistemi interbancari è destinato a crescere, soprattutto in sette aree nelle quali le collaborazioni tra banche sono solo agli inizi. Secondo Deloitte si tratta di aree legate alla prevenzione dei crimini finanziari, del rispetto delle regole legate ai criteri di sostenibilità, all’identità digitale e sicurezza informatica, all’inclusione finanziaria e digitale fino ad arrivare alla semplificazione amministrativa, la gestione dei big data e lo sviluppo di servizi correlativi a quelli più strettamente finanziari.

Parallelamente alla crescita del numero di iniziative, Deloitte prevede il consolidamento degli ecosistemi interbancari esistenti. Oggi si assiste ad una miriade di iniziative che in futuro saranno portate sotto un unico tetto al fine di razionalizzare le attività interbancarie all’interno di uno stesso paese. Deloitte prevede il consolidamento degli ecosistemi europei soprattutto nel settore dei pagamenti mobile e nella gestione dei contanti.