Economia

Pop Vicenza, Report e la “marea di frottole” agli azionisti

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ROMA (WSI) – Le banche al centro della puntata di Report, la trasmissione di RaiTre condotta dalla giornalista Milena Gabanelli, intitolata “Saltimbanche”. Sotto i riflettori “le banche del territorio” in cui vi sono migliaia di clienti che oltre a ricevere prestiti e finanziamenti, sottoscrivono azioni e obbligazioni. Tra queste, le tristemente famose quattro banche che sono state salvate in extremis da un fallimento sicuro. Un salvataggio che non è riuscito tuttavia a salvare anche migliaia di risparmiatori, che hanno visto andare in fumo i risparmi di una vita.

“Quando Banca Marche, CariChieti, CariFerrara e Banca Etruria vanno in crisi, si applica il bail-in, che per legge obbliga migliaia di azionisti e obbligazionisti a intervenire per salvarle e così alla fine perdono tutto. Ma come si è arrivati a questo? Banca Etruria è la più nota alle cronache perché il vicepresidente era il papà della ministra Maria Elena Boschi, e oggi è indagato per concorso in bancarotta fraudolenta. Dalle indagini emergono, con le responsabilità, anche liquidazioni milionarie per i manager e crediti concessi ai membri del cda senza le dovute garanzie”.

Con queste parole apre la puntata di Report del 10 aprile la giornalista Milena Gabanelli. Ma oltre alle quattro banche l’attenzione è stata posta sulle popolari venete, Veneto banca e Banco Popolare di Vicenza, finite nei guai per aver gonfiato il prezzo delle azioni che alla fine del 2014 valevano 62 euro e oggi 6 euro e 30. Quando il valore delle stesse azioni ha cominciato a perdere, nessun azionista ha potuto vendere.

Così  Davide Lunardon, azionista della Banca Popolare di Vicenza che insieme a altri 117mila risparmiatori – imprenditori, operai, pensionati e persino gli impiegati della banca – ha perso tutto.

“Ci hanno raccontato una marea di frottole. Ti mostro anche dei documenti che ci mandava la banca! Questo è un documento datato 14 luglio 2014. Certifica il valore dell’azione di 62 euro e 50, documento firmato da Samuele Sorato, Direttore Generale della Banca Popolare di Vicenza. Sei mesi dopo il titolo perdeva il 23% e si rendeva un titolo illiquido, cioè noi non abbiamo la possibilità di prendere i nostri risparmi!”.

Ma qualcuno più “fortunato” che è riuscito a vendere c’è, come il giornalista Bruno Vespa.

“Ci sono piccoli azionisti che non riescono a vendere eccetera e poi, come dire, Bruno Vespa che ha il privilegio di riuscire a vendere quando vuole”.

Così dice la giornalista Giovanna Boursier allo stesso Vespa che risponde così:

“No un momento, no, no, no, quando vuole un piffero! Perché nel 2010 io chiesi di poter vendere e non riuscii a vendere. Io ho premuto, insistito in maniera costante per 2 anni e 8 mesi e dopo 2 anni e 8 mesi, nell’estate del 2013, son riuscito a vendere una parte rilevante delle azioni (…)Purtroppo non le ho vendute tutte, mi hanno offerto delle obbligazioni, io le ho comperate, non sapevo che fossero convertibili, che sarebbero state convertite in azioni e quindi ho parecchi, parecchi, parecchi soldi che sono andati in fumo (…) 873 mila euro (…) Io non ho trattato mai con la banca, che vuol dire trattare con la banca?”.

Nonostante la diffida lanciata dal Cda di Banca Popolare di Vicenza contro il programma della Gabanelli affinché la puntata di Report fosse messa in onda a fine aumento di capitale, nel programma si ripercorre nel dettaglio la bolla ormai scoppiata della Popolare di Vicenza fino alle inchieste della magistratura in cui è emerso anche che la popolare al fine di gonfiare il capitale, finanziava l’acquisto di azioni per milioni di euro garantendo solo a pochi selezionati soci, con lettere segrete, il riacquisto. Gianni Zonin, grande produttore di vini ed ex dominus della popolare, oggi indagato per bancarotta, ha trasferito il suo patrimonio a moglie e figli.

“Ma come si è arrivati a questo punto se tutte le banche erano commissariate da Banca d’Italia?”. A fornire la sua versione dei fatti il Direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi.

  • Giornalista: Senta, nel caso di quelle banche lì, quindi, come dire, voi fate le ispezioni e poi?
  • S. Rossi: Due possibilità abbiamo: una è quella di andare dal magistrato se abbiamo il sospetto che siano stati commessi dei reati.
  • G: Quindi siete andati dal magistrato che adesso sta indagando
  • S. Rossi: Sì.
  • G: Voglio dire, voi non potete andare lì e dire: “vai a casa! Restituisci il maltolto”?
  • S.Rossi: “Vai a casa” non lo potevamo dire fino a pochissimo tempo fa. Potevamo commissariare e questo lo abbiamo fatto.
  • G: Una volta commissariata, però, i conti peggiorano ancora…
  • S.Rossi: Il punto è questo: quando una banca entra in difficoltà grave e viene commissariata, si fa il tentativo di salvarla, cioè di riportarla in buone condizioni. Questo tentativo normalmente lo si fa inducendo quella banca a ricercare soluzioni di mercato, cioè a ricercare un’altra banca che se la compri, che la assorba. (…) Liquidare una banca è come fare esplodere una bomba nucleare, perché vuol dire chiuderla, quella banca: licenziare le persone, sospendere le linee di credito a tutte le imprese che le hanno avute e chiederne l’immediato rientro… Certo, poi, se si riesce a vendere l’attivo, se si riescono a ricavare dei soldi, quei soldi vanno a ristorare, a rimborsare i creditori, e quindi gli obbligazionisti, i depositanti, ma dopo quanti anni?

Ma cosa ha fatto Bruxelles e come sono andate le trattative intraprese dal nostro governo per evitare di far pagare i danni agli obbligazionisti”. Vista da fuori sembra che l’Europa a noi italiani non conceda di salvare banche e aziende con aiuti di stato mentre, per esempio, alla Germania sì. E’ veramente così? Risponde anche Daniéle Nouy, presidente della Vigilanza della Bce.

  • G: Le ispezioni della Bce partono da Francoforte nel 2014. Ma avete trovato cose che Bankitalia non aveva visto?
  • D. Nouy: Credo che i miei colleghi italiani conoscessero molto bene il sistema delle banche italiane. Del resto le ispezioni le facciamo insieme. Certo come Europa abbiamo una maggiore distanza nel processo decisionale e quindi le decisioni finali vengono prese dal board europeo.
  • G: Quali erano i problemi delle banche italiane?
  • D. Nouy: C’è sicuramente un grande problema di crediti deteriorati e poi quello delle dimensioni e delle governance. Per questo il governo italiano ha varato una legge per trasformare le banche popolari; ed è la direzione giusta.
  • G:Ma è vero o no che siete stati più severi con l’Italia che con la Germania?
  • D. Nouy: Mi rendo conto che gli italiani trovino più comodo pensare che vengano fatte delle differenze, ma non è la verità. E sia chiaro che non sono io a prendere le decisioni, ma i singoli governi con la Commissione Europea e il voto italiano ha lo stesso peso di quello tedesco o francese.