(WSI) – Per molti personaggi dell’economia e della finanza sarà un weekend di passione. Tra sabato e domenica banchieri di prima fila e amministratori delle società controllate da Giulietto Tremonti riusciranno forse a capire qualcosa di più sul loro destino. L’incertezza è grande e forte è l’imbarazzo sulla partecipazione ai due eventi del fine settimana: il Forum a Villa d’Este di Cernobbio (già iniziato alle 8,45 di stamane) e l’appuntamento politico nel piccolo comune di Mirabello dove davanti a 8-10mila persone Gianfranco Fini pronuncerà un discorso al paese, isole comprese.
I due eventi hanno natura diversa, ma entrambi possono essere decisivi per capire che cosa succederà in primavera quando in molti enti e aziende pubbliche il Tesoro dovrà presentare le liste dei nuovi vertici. Se il leader di An spezzerà la corda si andrà alle elezioni e la data diventa decisiva, una questione di ore per procedere a un ribaltino oppure a un ribaltone.
Non è un mistero che l’uomo più desideroso di cambiamento è quell’ex-tributarista di Sondrio al quale “l’Espresso” dedica oggi una copertina al vetriolo (meglio, al cetriolo) che mette in luce le sue trame e la paura del Cavaliere di averlo come inevitabile successore.
L’uomo è “felpato, prudente, astuto”, come scrive il settimanale di De Benedetti, oggi nelle mani di Bruno Manfellotto, che si chiede se all’anagrafe politica sia giusto chiamarlo Giulio o Giuda. E tanto per allietargli la giornata ecco un altro micidiale articolo di Vittorio Malagutti sul quotidiano “Il Fatto” che vorrebbe buttare ombre su un “affarone” di Giulietto realizzato a Milano l’11 giugno 2009 con la società “Immobiliare Crocefisso” di cui è socio di maggioranza.
È l’ennesimo segnale che in questo Paese la classe politica e manageriale non può mettere fuori la testa senza che dalle retrovie parta una batteria di missili terra/aria che colpiscono negli affetti e negli interessi personali.
Ne sa qualcosa Corradino Passera, il banchiere di Como che partecipa come relatore al Forum di Cernobbio a Villa d’Este, cioè proprio in quella magnifica struttura alberghiera alla quale nel novembre di tre anni fa IntesaSanPaolo concesse un prestito da 157 milioni alla famiglia brianzola Fontana che poi rilevò il magnifico albergo lasciando elegantemente allo stesso Passera lo 0,9 delle azioni.
Nei fastosi saloni che affacciano sul lago Corradino incontrerà personaggi come il cardinal Ruini, Nouriel Roubini, Maria Bartiromo e Jean-Claude Trichet. Ci saranno anche i giornalisti, primo fra tutti quel Flebuccio De Bortoli che sembra divertirsi come un pazzo a menare botte in testa sugli azionisti del suo giornale.
Ed è probabile che quando sul palco salirà MariaStella Gelmini che da un po’ di tempo sproloquia di economia, Corradino cercherà di spiegare a Giulietto, che lo detesta, la sua strategia. Non più tardi di ieri davanti ai sindacati e ai dirigenti della banca riuniti a Torino, ha ribadito con forza che il suo unico sogno è quello di continuare a fare il banchiere, e in contrappunto al tagliatore di teste Alessandro Profumo si è spinto ad annunciare 1.000 assunzioni.
Ce la mette tutta il banchiere comasco per buttarsi alle spalle non solo i pettegolezzi sugli interessi privati, ma anche e soprattutto le voci di essere l’artefice di un polo terzista che potrebbe riservargli una poltrona ministeriale, magari proprio quella che occupa oggi Tremendino Tremonti.
D’altra parte gli indicatori del potere segnalano che il suo tempo è scaduto. Non è un mistero che con il Grande Vecchio di IntesaSanPaolo, Abramo-Bazoli, il rapporto si è terribilmente deteriorato e che difficili sono diventate anche le relazioni con Miccichè e altri top manager dell’Istituto.
Da più parti si sente dire che Bazoli avrebbe ormai individuato in Claudio Costamagna l’erede di Corradino. E per quanti sforzi faccia Costamagna di scaricarsi dalle spalle la cifra di prodiano-doc, non c’è dubbio che agli occhi del 78enne presidente, il profilo dell’uomo che per molti anni è stato il numero Uno in Europa di Goldman Sachs, appare appropriato per la poltrona di IntesaSanPaolo.
La cosa più sorprendente è che nell’elenco dei relatori di Cernobbio, fino a ieri sera non si trovava il nome di un grande manager pubblico, nemmeno di uno Scaroni o di un Bernabè qualunque. Di sicuro qualcuno di questi personaggi sarà seduto in platea per ascoltare alle 13 di domenica l’intervento di Giulietto Tremonti e sulla terrazza dove lo Studio Ambrosetti organizza buffet che placano la fame cronica dei giornalisti, qualcuno cercherà di avvicinarsi al Giulio-Giuda per strappargli un rating personale.
La maggior parte di loro avrà le orecchie tese al discorso di Fini a Mirabello. Sono uomini che nell’arco di molti anni hanno metabolizzato governi, digerito ministri e sopportato le richieste dei 1.000 portaborse che hanno bussato cassa per chiedere favori e sponsorizzazioni.
In tasca hanno il manuale per galleggiare come sugheri nella marmellata bipartisan che li ha costretti a tante giravolte e a trangugiare bocconi indigesti. L’aria di elezioni è troppo forte e gli appuntamenti del Governo sono troppo insidiosi per non capire che il Cavaliere non si farà avviluppare dalla retorica del Presidente della Camera. Se si andrà alle elezioni Berlusconi metterà la mordacchia al suo maggiordomo Gianni Letta che finora ha bloccato ribaltini e ribaltoni. E a questo punto ciascuno dovrà fare i suoi conti e organizzare le difese. Di sicuro c’è che nelle liste presentate da Giulietto a marzo (quando probabilmente si andrà a votare) alcuni nomi spariranno.
Non ci sarà quello di Roberto Poli (classe 1938) che dal 2002 ricopre la carica di presidente dell’Eni. Da tempo quest’uomo che siede nei consigli di amministrazione di Fininvest ha fatto sapere al nonnetto di Palazzo Chigi di volersene andare.
Il destino sembra segnato anche per un altro personaggio che siede sulla sua poltrona dal 2002: il prodiano Piero Gnudi (classe 1938), il pallido supercommercialista che qualcuno vorrebbe candidare sindaco a Bologna in alternativa al massiccio banchiere Ponzellini che tanto piace a Umberto Bossi.
Poi c’è da sistemare Finmeccanica, l’oggetto del desiderio più grande di Giulietto e dei suoi più stretti collaboratori. Qui l’ipotesi più probabile è che il comandante supremo Guarguaglini (fedele interprete dei business planetari di Berlusconi) lasci la carica di amministratore delegato conservando magari quella di presidente oppure di presidente onorario.
La voglia di mettere le mani sulla holding di piazza Monte Grappa straripa dagli uffici del ministero dell’Economia, ma i candidati in pectore (primo fra tutti Flavio Cattaneo, equivicino a Tremonti) si tengono alla larga dai rumors e dalle autocandidature.
Tra queste spiccano quella recente di Giuseppe Bono, l’amministratore di Fincantieri, e a sorpresa, anche quella di Franchino Bernabè, il manager che guida Telecom dal dicembre 2007. Quando leggerà queste righe Franchino si incazzerà come un toro argentino, ma gli uscieri di Telecom che hanno le orecchie lunghe più di Tavaroli e di Genchi, sostengono che il manager di Vipiteno ha una gran voglia di cambiare azienda prima che arrivi una resa dei conti con i soci di Telco e con il milieu della politica che stentano a capire le sue strategie. La poltrona di Finmeccanica gli starebbe a pennello e gli ambienti angloamericani non arriccerebbero il naso.
Anche Massimo Sarmi tenderà le sue orecchie generose verso Mirabello, e forse gli verrà in mente che a guidare il colosso delle Poste con 148mila dipendenti lo scelse proprio Gianfranco Fini. I “barbari” della Lega (meglio, gli “imbarbariti”, come li ha chiamati Scalfari) hanno una gran voglia di piazzare al posto del postino adesso berlusconiano, Danilo Broggi, l’amministratore di Consip stimato da Tremonti.
Di fronte a questo scenario che tocca tanti personaggi dagli stipendi favolosi e le ambizioni sfrenate, la domanda è una sola: se si chiude un ciclo con quale triciclo mi riciclo? Ne sapremo di più domenica sera alle 18 quando l’ex-sodale di Berlusconi avrà pronunciato il suo discorso alla nazione.
Copyright © Dagospia. All rights reserved