I nuovi stress test che l’Autorità bancaria europea (Eba) sta conducendo 51 banche europee, non produrranno, in caso di bocciatura, un’immediata richiesta di ricapitalizzazione; ciononostante, quello che accadrà agli istituti dopo il 29 luglio, data nella quale verranno diffusi i risultati, potrebbe non essere tanto diverso dallo scenario del 2014, con chiare ripercussioni sui mercati. Fra le banche italiane, cinque sono sotto la lente dell’Eba: Intesa Sanpaolo, Banco Popolare, Ubi, Unicredit e Mps; sono proprio questi ultimi due istituti quelli considerati a maggior rischio. In caso di criticità, questa volta, i dati delle banche andranno a finire nel “Supervisory Review and Evaluation Process” (Srep), che monitora le specifiche vulnerabilità degli istituti. Il messaggio per gli investitori, però, rischia di non essere molto diverso dall’edizione precedente, col rischio di nuove ondate di vendite sui titoli bancari. Nel caso di Mps la situazione è già complicata, secondo quanto scrive il Sole24Ore, il fabbisogno di capitale per l’istituto senese si aggira intorno ai 4 miliardi; nel frattempo il titolo ieri ha subito l’ennesimo attacco (-13,99%) in seguito alla pubblicazione della lettera che la Bce aveva inviata a Siena, nella missiva veniva chiesto a Mps di tagliare gli Npl netti da 24,2 a 14,6 miliardi entro il 2018. Molto più di quanto non preveda il piano industriale.
I test dell’Eba, peraltro, non saranno morbidi: gli scenari di pressione simulati dall’esame prevedono una crescita del Pil deviata verso il basso del 3,1% nel 2016, del 6,3% nel 2017 e del 7,1% nel 2018. Lo scenario più duro, infine, comprenderà anche un brusco calo delle valutazioni immobiliare e effetti negativi del cambio con l’Europa dell’Est.