NEW YORK (WSI) – La Federal Reserve ha reso noto che 17 delle 18 principali banche americane che sono state sottoposte agli stress test hanno superato l’esame; il che significa che tali istituti vengono considerati capaci di affrontare una profonda recessione e di conservare il livello del proprio capitale al di sopra di una soglia minima.
“Anche sotto presupposti punitivi, siamo in presenza di livelli di capitale superiori ai livelli minimi che sono stati fissati dalla Fed”, nel caso di quasi tutte le banche (a parte il caso di Ally Financial), “e questo è un segnale posivo per le condizioni di salute del sistema finanziario”, ha commentato in una intervista a Bloomberg R. Scott Siefers, managing director presso Sandler O’Neil & Partners, a New York.
I mercati sembrano essere d’altronde tranquilli riguardo ai colossi bancari Usa; basta guardare alla performance del KBW Bank Index – l’indice che rappresenta i titoli di 24 grandi banche americane, come JP Morgan, State Street e Capital One Financial – che è salito +9,7% dall’inizio dell’anno, a fronte del +8,3% dei guadagni dello S&P500.
Diversa la situazione nell’altra sponda dell’Oceano Atlantico. Osservate speciali sono le banche italiane, in particolar modo Unicredit e Intesa SanPaolo, le più grandi del sistema finanziario italiano.
Secondo un articolo di Bloomberg, i due istituti potrebbero arrancare nella crescita dei profitti e scontare il caos politico, che minaccia di aumentare i costi di finanziamento, peggiorare la contrazione economica e far salire i crediti inesigibili.
“Considerato il peggioramento del contesto economico e la pressione da parte della Banca d’Italia ad aumentare la copertura per i bad loan, ritengo che la redditività e la generazione di capitale delle banche italiane continueranno a deteriorarsi – commenta in una intervista a Bloomberg Jacopo Ceccatelli, socio di JC & Associati SIM, società di consulenza con sede a Milano – “L’incertezza politica potrebbe aumentare la pressione sulle banche, con l’aumento degli spread che condizionerebbe i costi di finanziamento degli istituti e il valore degli investimenti nei titoli dei debiti sovrani”.
Gli analisti stimano che, il prossimo 15 marzo, Unicredit potrebbe rendere nota una perdita netta, sofferta nel quarto trimestre del 2012, pari a 173 milioni di euro, dopo gli utili di 114 milioni di euro dello stesso periodo dell’anno precedente. Si prevede anche un aumento degli accantonamenti per le perdite di ben +48%, a 2,2 miliardi di euro.
Riguardo a Intesa, le previsioni degli analisti intervistati da Bloomberg sono di un rosso di bilancio su base trimestrale di 70,3 milioni di euro. Il risultato sarà comunicato il prossimo 12 marzo. Nessun commento è stato rilasciato da Unicredit e Intesa.
Intanto la situazione delle banche si commenta da sola guardando ai numeri resi noti da Bankitalia; nel mese di gennaio i prestiti al settore privato hanno registrato una contrazione del -1,6% su base annua (-0,9% a dicembre), mentre i prestiti alle famiglie sono scesi dello 0,6% su base annua (-0,5% a dicembre); quelli alle società non finanziarie del 2,8 (-2,2% a dicembre).
Bankitalia lancia l’allarme sul credito visto che, di fatto, si accentua la flessione dei prestiti sia verso le famiglie che verso le aziende, nonostante tutti i soldi che gli istituti hanno ricevuto dalla Bce. In particolare, la contrazione dei prestiti al settore privato è stata la peggiore da 14 mesi.
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