ROMA (WSI) – Sarebbero almeno 100 su 363 le banche di credito cooperativo che presentano una certa fragilità nei bilanci e senza un intervento mirato sono a rischio nei prossimi 18 mesi almeno 15-17 istituti. A lanciare l’allarme il Corriere della Sera secondo cui Palazzo Chigi starebbe preparando la riforma delle banche cooperative italiane che dovrebbe essere approvata entro metà febbraio.
Il problema per le banche di credito cooperativo è stabilizzare i bilanci peggio gestiti e per farlo, come scrive il Corriere, occorre addossarne i rischi ad altre aziende più solide. Le situazioni di criticità stanno emergendo qua e là e alcune sono state risolte prontamente, come ad esempio la Bcc di Roma che ha acquisito la Bcc di Padova, ma altre no.
“Solo spingendo verso le Bcc sane in un vincolo di mutuo soccorso si riescono a salvare le altre, quelle malate. Potrebbe non esserci alternativa, se nel prossimo anno e mezzo l’Italia vuole evitare una nuova serie di piccole implosioni bancarie localizzate: la strada del salvataggio pubblico è infatti sbarrata dalle nuove norme europee, che obbligano a colpire gli investitori e i depositanti se c’è aiuto di Stato. Il governo deve trovare un’altra strada e non ce ne sono molte: con un sistema chiuso basato sul principio “una testa-un voto”, e una redditività media appena all’1%, oggi le banche di credito cooperativo non sono in grado di trovare risorse fresche sul mercato”.
Un problema che riguarda anche altri paesi dell’area euro e la grande incognita è capire se mettendo in comune i bilanci bancari sani con quelli malati verranno risolti i problemi o verranno influenzate dalla mala gestio anche le banche di credito sane.
La riforma cui starebbe lavorando il Governo Renzi prevede la designazione di una Bcc capogruppo, un holding centrale con un proprio consiglio di amministrazione e un proprio staff, sotto la cui ala protettiva si andrebbero a trovare dalle Bcc con bilanci più robusti, specie al Nord est a quelle che invece presentano maggiori problemi, ubicate soprattutto al Sud. Tutte le Bcc opereranno con i propri manager e non saranno comunque su un livello di parità, ma chi ha patrimoni più robusti sarà più indipendente e gli altri istituti invece verranno via via commissariati.
E se le Bcc non vogliono garantire per le altre? “Potranno tenersi fuori e trasformarsi in banche popolari. Candidate sono” – come scrive il Corriere – “ la Bcc di Bologna, del Chianti o di Cambino”. Ma c’è un condizione.
“Se si sottraggono, dovranno versare una quota importante delle loro riserve alla nuova holding (quanto, decide Renzi) perché quest’ultima non nasca troppo debole”.
Ma i rischi son dietro l’angolo. Innanzitutto Bruxelles potrebbe bloccare tutto, additando la riforma come aiuto di Stato. Inoltre la holding centrale in cui sarebbero raggruppate tutte le Bcc potrebbe nascere “priva di denti, controllata dalla politica locale, e l’intero sistema finisca per salvare il posto ai manager che hanno fatto più danni in questi anni”. Infine il rischio nella vigilanza.
Poiché questo diventerà il terzo gruppo bancario italiano, il controllo spetterebbe alla Bce e “potrebbe rivelarsi molto duro su mille storture del credito nei territori d’Italia”.