Gli Stati Uniti andranno in recessione e non è più questione di «soft» oppure «hard landing», ma di quanto durerà l’atterraggio duro, forse quattro trimestri consecutivi. In questo contesto tutte le economie del globo subiranno un «severo rallentamento economico» che colpirà più duramente quei Paesi che hanno conti in disordine, partite correnti in disavanzo, riforme strutturali in ritardo. «Così l’Italia rischia di cadere in recessione, se il quadro internazionale dovesse mostare ulteriori peggioramenti» è questo lo scenario delineato a Davos dall ‘economista americano di origini iraniane Nouriel Roubini.
Roubini ha invitato i banchieri centrali a «guardare avanti»: quello che vedranno, dice, è un rallentamento dell’economia che richiederebbe un taglio dei tassi da parte della Bce. Se oltre alla crescita, ci mettiamo anche il mercato del lavoro e i consumi, il panorama non è incoraggiante. «Ci sono già segnali di indebolimento in Spagna, Italia e Portogallo. Se la crescita rallenterà in modo marcato, l’inflazione sarà l’ultimo dei problemi».
«Nelle migliori delle ipotesi nel 2008 il Pil italiano registrerà un progresso tra lo zero e l’uno per cento», ha detto Roubini, che l’anno scorso a Davos fu protagonista di un duro scontro con l’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti. «L’Italia inoltre soffre non tanto per la bolla immobiliare, ma per il costo e la dipendenza esterna della bolletta energetica e, come ormai è conseutudine, per la scarsa competitività della sua economia , tutti fattori che hanno eroso i margini per l’export. Infine occorre risanare i conti pubblici e ridurre il debito complessivo». Oltre all’Italia, Roubini ha messo nella lista nera i Paesi baltici, l’Ungheria, il Messico, la Turchia, il Sudafrica, tutti Paesi che hanno il saldo della partite correnti in deficit, valute a rischio o bolle azionarie. In questo senso anche India e Cina devono stare attente alle bolle dei rispettivi mercati azionari.