Le banche europee sono preparate all’impatto della guerra russa in Ucraina e questo grazie alla solida posizione di capitale e liquidità e non ci sarebbero grossi problemi anche nel caso estremo di uscita dalla Russia. Così il capo della vigilanza bancaria europea, Andrea Enria, durante una audizione al parlamento europeo.
Banche, a quanto ammonta l’esposizione alla Russia
Le esposizioni dirette di banche europee controparti russe appaiono gestibili, che significa che il primo impatto sulla stabilità finanziaria dell’area euro è contenuto. Queste esposizioni ammontano approssimativamente a 100 miliardi con le entità sanzionate che fanno solo una quota minore del totale … “Le esposizioni dirette sono concentrate in poche banche che operano in Russia, Ucraina e Bielorussia via filiali locali e che sono prevalentemente finanziate a livello locale. Anche nello scenario estremo in cui le banche europee dovessero svalutare le esposizioni transfrontaliere e decidere, o essere forzate, a uscire dalla regione, l’impatto complessivo sul capitale non comprometterebbe il mantenimento dei requisiti di vigilanza”.
Così il presidente del Consiglio di vigilanza della Bce il quale ha specificato che questi effetti indiretti “potrebbero passare attraverso esposizioni concentrate verso settori o singoli clienti colpiti indirettamente dalle sanzioni, attraverso l’impennata e la volatilitá dei mercati dell’energia e delle materie prime, attraverso l’accresciuta volatilitá dei mercati finanziari e attraverso il generale deterioramento delle prospettive macroeconomiche nell’Unione Europea”.
A tal proposito si ricorda che, in riferimento alle banche italiane, l’esposizione diretta a UniCredit Bank Russia è di circa 1,9 miliardi di euro. Quella cross border nei confronti di clientela russa è invece attualmente pari a circa 4,5 miliardi di euro. Infine l’esposizione mark-to-market in derivati verso le banche russe è di circa 300 milioni di euro, al netto del collaterale. La massima perdita potenziale nel caso in cui il valore del rublo si approssimi allo zero è di circa 1 miliardo di euro. UniCredit offre servizi bancari ad aziende e private in Russia (dove è presente dal 2005) attraverso 4.000 dipendenti e 70 filiali. Ciò detto, la Russia non ha scombinato i piani sul 2021: il gruppo ha confermato dividendi per 1,2 miliardi sul 2021 e buyback per 2,75 miliardi.
Per quanto riguarda invece Intesa SanPaolo, la banca ha reso noto che l’esposizione verso controparti russe attualmente inserite nelle liste SDN dei soggetti a cui si applicano sanzioni è pari a 0,2 miliardi di euro e che l’ammontare dell’esposizione verso Russia e Ucraina in corso di valutazione analitica ai fini del miglior presidio dell’evoluzione prospettica del profilo di rischio – nel contesto previsto da “REPowerEU” della Commissione Europea e dalla recente Dichiarazione di Versailles con riferimento alla riduzione della dipendenza energetica dell’Unione Europea ben prima del 2030 – corrisponde ai crediti a clientela e banche delle controllate locali pari a circa 1,1 miliardi di euro e del resto del Gruppo pari a circa 4 miliardi di euro.
I crediti a clientela russa, continua Intesa, sono pari a circa l’ 1% dei crediti a clientela totali del Gruppo Intesa Sanpaolo.
Gas pagato in rubli? “Terreno delicato” dice Enria
“Si entra in un terreno molto delicato rispetto a quello che potrebbe essere il trattamento contabile”, ha avvertito Andrea Enria.
“Se la controparte paga in euro mentre il contratto era in dollari bisogna valutare la riclassificazione dei prestiti e se questi non diventino crediti non performing. Lavoriamo intensamente con i nostri team per capire cosa significhi nelle singole banche in termini di riclassificazione e accantonamenti”.
Per le banche la concreta attuazione delle sanzioni contro la Russia “è un compito impegnativo, dato che devono costantemente aggiustare le loro operazioni alla natura articolata o mutante del sistema sanzionatorio”. Stiamo valutando se le banche abbiano predisposto interventi di governance adeguati e controlli per rispettare le sanzioni”, ha aggiunto.
A tal proposito però è d’obbligo segnalare che la Russia sembra aver fatto marcia indietro sulla richiesta di pagare il gas in rubli. E’ stato il presidente russo Vladimir Putin a chiedere ripetutamente che i cosiddetti paesi “ostili” paghino il gas in rubli, piuttosto che in euro o dollari, prendendo di mira quelli dietro le pesanti sanzioni economiche progettate per isolare la Russia per il suo attacco non provocato in Ucraina. Ma il cambio di valuta per le forniture di gas era stato respinto dalle principali economie del G-7.
Tuttavia, in una telefonata con il cancelliere tedesco Olaf Scholz ieri, Putin ha detto che le aziende europee potrebbero continuare a pagare le forniture di gas in euro o in dollari. Il denaro sarà versato nella banca di Gazprom e trasferito in rubli alla Russia, ha riferito l’emittente tedesca Deutsche Well. Scholz non ha accettato questa procedura nei colloqui, ma ha chiesto informazioni scritte per capire meglio la proposta. Nel frattempo il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha confermato che la Russia non cercherà immediatamente i pagamenti del gas in rubli, dicendo invece che il passaggio sarà probabilmente un “graduale”.
La Germania, insieme al G-7, ha segnalato che gli accordi di fornitura di gas non possono essere modificati unilateralmente e gli acquirenti europei di gas russo dicono che il Cremlino non ha il diritto di rimodificare i contratti a lungo termine.