Ex banchieri centrali contro Draghi: “Politiche sbagliate, creano gravi tensioni sociali”
In Italia la reputazione di Mario Draghi non potrebbe essere più elevata: “l’uomo che ha salvato l’euro”, si dice, “l’uomo che ha cambiato la Bce”, e, non ultimo, “l’uomo che ha salvato l’Italia” grazie a un inedito programma di acquisti di titoli di stato. Ma il presidente della Bce, a poche settimane dalla fine del suo mandato, resta una figura assai controversa fra i suoi stessi colleghi.
Una dimostrazione di questa latente tensione è arrivata oggi, con un memorandum firmato congiuntamente da vari ex banchieri centrali e che solleva seri dubbi sulla legittimità e sull’utilità delle politiche monetarie espansive promosse da Draghi. A sottoscrivere il documento sono stati in prevalenza economisti di note posizioni conservatrici, come Otmar Issing (in foto) e Jurgen Stark entrambi ex membri del Comitato esecutivo della Bce; Nout Wellink, ex governatore della banca centrale olandese; Helmut Schlesinger, ex presidente della Bundesbank tedesca; Klaus Liebscher, ex governatore della banca centrale austriaca; ma anche il francese Herve Hannoun, ex primo vice governatore della Banca di Francia.
Le accuse contenute nel documento sono pesanti, se si tiene in considerazione la levatura accademica dei firmatari e il prestigio dell’istituzione che intendono attaccare.
“Nel 2014 la Bce ha sostanzialmente giustificato la sua politica ultra-espansiva con la minaccia di deflazione… Tuttavia, non c’è mai stato alcun pericolo di una spirale deflazionistica e la stessa Bce ha visto sempre meno tale minaccia da tempo”, scrivono gli ex banchieri centrali, “ciò indebolisce la sua logica nel mirare a un tasso di inflazione più elevato. La politica monetaria della Bce si basa pertanto su una diagnosi errata”.
Il tempismo dell’intervento non sembra casuale: da novembre il Quantitative easing della Bce riprenderà gli acquisti aggiuntivi di titoli per 20 miliardi di euro mensili. In seguito, avverrà il passaggio di consegne fra Mario Draghi e l’ex direttrice del Fmi, Christine Lagarde, dalla quale ci si aspettano ulteriori interventi espansivi. Gli ex banchieri centrali, però, sembrano determinati nel denunciare questa politica:
“Da un punto di vista economico, la Bce è già entrata nel territorio monetario del finanziamento della spesa pubblica, che è severamente vietato dal trattato di Maastricht” e i “sospetti che dietro questa misura risieda l’intenzione di proteggere fortemente l’indebitamento dei governi da un aumento dei tassi di interesse stanno diventando sempre più fondati”. Naturalmente, l’Italia è fra i Paesi che più hanno beneficiato del Qe, il cui effetto è stato, fra le altre cose, la compressione dei differenziali nei rendimenti dei titoli di stato dei vari Paesi europei. Anche se, in via ufficiale, l’obiettivo di questa politica era solo e soltanto riportare l’inflazione nel livello prescritto dal suo mandato.
Anche i tassi negativi, resi ancor più bassi in occasione dell’ultimo meeting della Bce, sono oggetto di fortissime critiche. Questo provvedimento “favorirebbero i proprietari di beni reali ” e potrebbe “creare gravi tensioni sociali…Le giovani generazioni si considerano private dell’opportunità di provvedere ai loro vecchiaia attraverso investimenti sicuri e fruttiferi”, hanno scritto gli ex banchieri centrali. “La ricerca di rendimenti aumenta artificialmente il prezzo delle attività a un livello che alla fine minaccia di sfociare in una brusca correzione del mercato o anche in una crisi profonda”.