È il giorno della BCE. Oggi il governatore Mario Draghi, nel penultimo consiglio direttivo della Banca centrale europea, prima di lasciare la poltrona il 31 ottobre, sembra pronto a lanciare l’ultimo colpo di bazooka.
Le aspettative degli investitori si concentrano su un nuovo taglio dei tassi dal -0,4% a -0,5% o persino -0,6%; una modifica della forward guidance, escludendo un rialzo dei tassi fino a quando l’inflazione non sarà solidamente al 2% (ad oggi tale impegno si limita a metà 2020); nuove misure per il sistema bancario; e infine un nuovo round di acquisti di bond, riaprendo il Quantitative easing con potenzialmente 30 miliardi al mese.
Una mossa che Draghi ha preparato con cura, preannunciandola al simposio della Bce di Sintra a giugno, definendone alcuni dettagli a fine luglio, e anticipando una decisione, appunto, questo giovedì. In fondo Draghi, anche se arrivato a fine mandato, è ancora l’uomo della svolta del ‘whatever it takes’ che ha salvato l’euro, e dell’innovazione in una allora conservatrice Bce con il quantitative easing. Tuttavia, come sintetizza Morgan Stanley, “il diavolo è nei dettagli dei pacchetto”.
Sul tavolo ci sono anche misure per mitigare l’impatto sui margini delle banche dai tassi negativi, con un possibile ‘tiering’ che escluderebbe da una simile penalizzazione una porzione dei depositi bancari, e un nuovo round di maxi-prestiti alle banche.
Per François Rimeu, Senior Strategist, La Française Asset Management, che mette i conto un taglio dei tassi di 20 punti “Il rilancio del Quantitative easing, che appena due settimane fa sembrava ampiamente previsto da tutti, ora appare meno sicuro”. Nel meeting di oggi della BCE “l’incertezza sembra alta, dunque potremmo assistere a una volatilità significativa a seguito della riunione BCE e conseguentemente abbiamo ridotto il nostro budget di rischio. Tutto sommato riteniamo però che la BCE non dovrebbe deludere le attuali attese del mercato”.