Fari del mercato puntati sulla riunione della BCE, che oggi torna a riunirsi, dopo la pausa estiva. Gli analisti non si aspettano nessuna novità sul fronte dei tassi, che dovrebbero restare sui livelli attuali. Il tasso principale dovrebbe restare fermo a zero, quello sui depositi a -0,50% e quello sui prestiti marginali allo 0,25%.
Oltre alle nuove stime su Pil e inflazione, il mercato si aspetta nuove prese di posizione proprio sull’euro, dopo le dichiarazioni del capo economista Lane che hanno messo in guardia sui rischi di un euro troppo forte (questa mattina la moneta unica risale contro il dollaro a 1,1829).
Si apre poi il ‘confronto’ con la Fed e con le nuove strategie di inflazione della Banca centrale Usa che apre a politiche più espansive. Una riunione chiave, quindi, non solo per la seduta di oggi sui mercati ma anche per capire le prossime mosse di Francoforte.
“Il meeting della BCE doveva essere un non-evento con le principali scelte rimandate nella riunione di dicembre. Le uniche questioni interessanti sarebbero state le previsioni degli esperti dell’Istituto centrale su andamento PIL e inflazione nel Vecchio Continente. Ora invece la BCE si trova davanti a scelte complesse perché attendere potrebbe avere un costo elevato. Riteniamo infatti che un Istituto poco aggressivo possa spingere il tasso di cambio tra euro e dollaro ben sopra il limite di 1,20. Le dichiarazioni del capo economista e membro del Consiglio Direttivo Philip Lane sul cambio eurodollaro espresse qualche giorno fa sono state significative per permettere all’euro di perdere un po’ di forza. Le stesse parole di Lane sono andate a fornire ulteriori precisazioni rispetto a quelle espresse da un altro membro del Consiglio Direttivo Isabel Schnabel in un’intervista a Reuters. Crediamo che, come ripeteva Draghi, i tassi di cambio non siano obiettivi della BCE. Tuttavia riteniamo che in un periodo di bassa inflazione (ultimi dati in Europa in agosto -0,2%) un forte e veloce apprezzamento dell’euro possa aumentare le pressioni deflazionistiche influenzando così le prospettive macroeconomiche del Consiglio Direttivo e inevitabilmente causando una variazione nelle scelte strategiche” ha spiegato Filippo Diodovich, senior strategist di IG Italia,
Fatte queste premesse, cosa aspettarsi dalla riunione di oggi?
“Crediamo che lo scenario piu’ probabile sarà quello di una BCE molto aggressiva nei toni (comunicato e conferenza stampa di Lagarde) ma che non prenderà decisioni. E’ molto probabile che Lagarde possa affermare che l’istituto di Francoforte possa intervenire in caso di ulteriori scostamenti di inflazione e PIL rispetto alle prospettive che verranno fornite. Eventuali scelte in favore di una politica monetaria più accomodante saranno prese nella riunione di dicembre. Se la BCE dovesse invece essere poco aggressiva e prolungare un posizionamento di “wait and see” potremmo assistere a un forte apprezzamento del cambio eurodollaro che nel breve potrebbe risalire a 1,19 ma entro fine settimana superare anche la quota di 1,20 sulle aspettative degli investitori di una FED ultra-accomodante e una BCE immobile” ha aggiunto Filippo Diodovich.
Sul fronte invece delle previsioni, Annalisa Piazza, Fixed-Income Research Analyst di MFS IM, ha spiegato in una nota:
” È probabile che l’inflazione per il 2020 e il 2021 venga corretta al ribasso rispetto alle stime già basse di giugno, mentre l’IAPC dovrebbe rimanere al di sotto del target anche nel 2022. L’aumento dei prezzi petroliferi compenserebbe l’apprezzamento dell’euro, ma il taglio dell’IVA peserà sia sull’inflazione complessiva che su quella di fondo almeno per i prossimi 12 mesi. Il PIL 2020 potrebbe essere rivisto leggermente al rialzo dal livello medio del -8,7%. Il quadro per il 2021 dovrebbe rimanere sostanzialmente invariato, mentre i pronostici per il 2022 potrebbero essere rivisti al rialzo a mano a mano che l’impatto positivo del Recovery Fund diventerà più evidente.
Nel complesso, le prospettive sia per la crescita che per l’inflazione dovrebbero rimanere probabilmente al ribasso e, a nostro avviso, sostenere il proseguimento dell’attuale orientamento espansivo di politica monetaria. Il rallentamento degli acquisti effettuati nell’ambito del PEPP prima dell’estate consente di portare avanti il piano fino a 2021 inoltrato, e crediamo che la BCE attenderà ulteriori conferme circa l’andamento della traiettoria economica.
Con i tassi reali ancora estremamente favorevoli, i livelli di liquidità sui massimi storici e i differenziali prossimi ai minimi pre-Covid, riteniamo che il Consiglio direttivo temporeggerà prima di pianificare ulteriori accomodamenti.
Per i mercati, ciò significa che i tassi di riferimento rimarranno contenuti perché il tasso terminale implicito della BCE è basso e non si prevedono rialzi dei tassi per diversi anni. La flessibilità del PEPP – che in base alle direttive attuali continuerà fino a metà 2021 – fornisce un ingente sostegno ai titoli di Stato europei (TSE) in caso di deterioramento dei fondamentali creditizi sovrani. Considerati anche gli sviluppi positivi sul fronte del Recovery Fund, i differenziali dei TSE dovrebbero quindi rimanere confinati in un intervallo piuttosto ristretto per il momento”.
Per François Rimeu, senior strategist, La Française AM:
“La BCE si trova in una posizione molto difficile: inflazione core molto bassa, inflazione complessiva negativa, l’euro che si sta apprezzando. Da un punto di vista storico, questi sviluppi avrebbero dovuto portare a una risposta immediata e molto dovish da parte della Banca centrale. Ora però il problema è che la BCE ha quasi esaurito le opzioni: potrebbero tagliare il tasso sui depositi, ma quale sarebbe l’impatto di scendere da -0,5% a -0,6%? Potrebbero aumentare la portata dei programmi di acquisto asset – e a un certo punto lo faranno – ma, ancora, gli impatti su euro e inflazione non sono così scontati. Alla BCE potranno anche essere preoccupati per l’apprezzamento dell’euro e per l’inflazione bassissima, ma questo non significa che possano farci molto”.