La Bce non intende mettere in pausa il suo ciclo di rialzi dei tassi, anche se d’ora in poi le strette saranno più contenute. Lo ha spiegato il capo economista della Bce, Philip Lane, in un’intervista a “Market News”, che ha confermato un nuovo rialzo dei tassi di interesse a dicembre e l’anno prossimo per combattere l’inflazione (al 10,6% a ottobre), anche se non ci sono più i presupposti per considerare aumenti da 75 punti base (come è successo nelle precedenti riunioni di settembre e a ottobre). “Quanto già è stato fatto su base cumulativa, cambia i pro e i contro di qualsiasi incremento”.
Parlando del rialzo dei tassi di dicembre, Lane, ha spiegato che “sarà l’ultimo. Dovremo guardare alle prospettive d’inflazione che abbiamo a dicembre e considerare che ora siamo in una situazione diversa, e riconoscere anche che ci sono dei ritardi nel processo di trasmissione” degli aumenti di tassi.
Lane si è anche soffermato sul quantitative tightening, ossia il pian per cominciare a diminuire l’esposizione della Bce ai bond acquistati negli anni. A dicembre “definiremo una roadmap, i principi generali” che poi si tradurranno in un piano più preciso che consentirà al portafoglio App (Asset Purchase Programme) di diminuire a un certo ritmo nei prossimi mesi”.
C’è chi spinge per un rialzo da 75 punti base
Ma la strada da imboccare per portare i tassi a livelli di neutralità spacca in due l’istituto di Francoforte. Dalle colonne del Financial Times, il falco della Banca centrale austriaca, Robert Holzmann, è tornato a sollecitare un nuovo intervento su tassi da 75 punti base, il terzo consecutivo, per rassicurare i mercato sulla serietà con cui l’Eurotower intende combattere l’inflazione. Holzmann, ha ribadito che la Bce dovrebbe mantenere il ritmo di aumento dei tassi d’interesse al suo prossimo meeting, che si terrà il 15 dicembre 2022 a Francoforte, per “darebbe un segnale forte della nostra determinazione” a combattere l’inflazione e “direbbe a imprese e sindacati che siamo seri quindi non sottovalutateci”.
Holzmann ha inoltre aggiunto di non vedere “alcun segno di rallentamento dell’inflazione” e che un ulteriore aumento die tassi poterebbe solo un “appiattimento della crescita o una lieve recessione” e non una profonda flessione dell’economia.
L‘inflazione nell’Eurozona ha raggiunto un picco del 10,6% ad ottobre, in aumento rispetto al 9,9% di settembre. Guardando alle principali componenti dell’inflazione dell‘area dell’euro, l’energia ha il tasso annuo più alto in ottobre (41,9%, rispetto al 40,7% di settembre), seguita da cibo, alcol e tabacco (13,1%, rispetto all’11,8% di settembre), beni industriali non energetici (6,0%, rispetto al 5,5% di settembre) e servizi (4,4%, rispetto al 4,3% di settembre).