Consentendo alle banche centrali dei singoli stati membri dell’area euro di comprare bond governativi a un rendimento inferiore al tasso di deposito attuale, Mario Draghi potrebbe avere commesso un errore. Senza volere, i funzionari della Bce potrebbero avere sancito la fine del programma di Quantitative Easing della banca centrale.
La decisione presa a dicembre di cambiare le regole del programma di acquisto di titoli di Stato ha avuto un esito probabilmente indesiderato. Dopo mesi di acquisti di Bond governativi, le banche centrali nazionali non hanno piu’ titoli a lunga data da acquistare.
La normativa della Bce prevede infatti che le banche centrali non possano comprare piu’ di un terzo dell’ammontare a disposizione di un singolo titolo. Gli istituti nazionali dovranno pertanto comprare una fetta maggiore di bond a breve termine che rendono decisamente meno di zero.
Le disposizioni di Draghi e colleghi hanno insomma indirettamente creato tensioni sul mercato obbligazionario, con i tassi dei Bund a due anni che scambiano non distanti dai minimi di sempre (vedi grafico di Bloomberg sotto riportato).
In questo momento l’unico bund che rende piu’ del -4% è quello che ha una scadenza superiore ai quattro anni. Arrivati ad aprile, secondo i calcoli di Credit Agricole, la Bundesbank avrà in mano un terzo di ogni bund in circolazione che abbia una durata superiore ai 5 anni. Oggi il tasso a due anni dei Bund sul secondario ha toccato il minimo di -0,87% (vedi grafico sotto).
Che lo voglia o meno, la Banca centrale tedesca sarà costretta a comprare titoli che rendono meno del tasso di deposito. Questo spingerà la Bundesbank ha chiedere con sempre maggiore insistenza la fine del programma di Quantitative Easing, in particolare non appena l’inflazione supererà il 2%, ossia l’obiettivo fissato dalla Bce per ottenere la stabilità dei prezzi desiderata.
Venerdi’ scorso il governatore della Banca d’Austria, Ewald Nowotny, ha servito un assist alla banca centrale di Germania e al suo governo, dichiarando che verso la metà dell’anno le autorità di politica monetaria europee discuteranno di un possibile tapering, ovvero di una riduzione del piano di QE che è destinato a durare fino a fine 2017.
Un’altra preoccupazione è quella riguardante i titoli detenuti dalla Bundesbank. La durata media dei Bund in mano alla banca centrale, come segnalato da Royal Bank of Scotland, è scesa a 9,4 anni a gennaio dai 12,1 di dicembre e dai 10,3 di novembre. I prossimi dati saranno resi noti il 6 marzo e viste le considerazioni fatte sopra, molto probabilmente mostreranno un ulteriore calo delle scadenze.
Come osserva Bloomberg piu’ diventa scarso il debito pubblico tedesco in circolazione e piu’ gli ingranaggi del sistema monetario europeo rischiano di impallarsi. Alla prossima riunione di politica monetaria Draghi dovrà inventarsi ancora una volta qualcosa.