NEW YORK (WSI) – Il taglio dei tassi di rifinanziamento Ue al minimo storico dello 0,25% da parte della Bce potrà essere stato un atto di coraggio di Mario Draghi. Ma non basta.
Con un’inflazione allo 0,7% – che ormai è ufficialmente al di sotto di quella del Giappone, pari all’1,1% – l’Eurozona rischia grosso e l’ultima decisione di Draghi si riduce a un semplice messaggio: quello secondo cui, in modo impotente, la Bce sta assistendo al collasso dell’inflazione europea e dei prestiti, oltre che al continuo aumento del tasso di disoccupazione a livelli record.
Tutto questo, a fronte di un’euro che, pur essendo sceso dal massimo in due anni testato qualche settimana fa oltre quota $1,38, rimane a livelli elevati e costituisce dunque una seria minaccia per le esportazioni. Bce in un vicolo cieco?
Secondo Paul-Mortimer Lee di BNP Paribas, l’unica salvezza per l’Eurozona è che l’Eurotower scelga la strada della Federal Reserve e della Bank of Japan e inizi a iniettare sul mercato una liquidità di 50 miliardi di euro, attraverso un’operazione QE stile Fed.
Non ci sono altre soluzioni, secondo l’economista di BNP: “Alcune economie europee versano già in uno stato di deflazione. Tale situazione ha un effetto negativo sull’allocazione delle risorse e, ovviamente, da’ il via a conseguenze negative anche sulle dinamiche dei debiti. (La situazione deflattiva) frena le spese oggi, in quanto i beni saranno più convenienti domani”. Una “inflazione estremamente bassa o negativa milita contro le riforme strutturali”.
Attraverso l’adozione del QE in stile Fed, la Bce potrebbe invece raggiungere importanti obiettivi: aumentare il tasso di crescita monetaria al fine di ridurre le pressioni disinflazionistiche; ridurre i tassi di lungo termine e stimolare la crescita; probabilmente, riuscirebbe a ridurre il rischio paese nell’economia; potrebbe aumentare i prezzi degli asset, di azioni e credito (come sta accadendo in Giappone); potrebbe rallentare la corsa dell’euro sui mercati valutari; potrebbe stabilizzare le aspettative sull’inflazione, che altrimenti crollerebbero.
Ovviamente, così come i “pro”, esistono i “contro”. E tra questi come al solito si distingue la Germania, che avrebbe a dir poco una reazione avversa “atavica”.
Altro effetto collaterale, i governi potrebbero essere portati a posticipare il consolidamento dei conti pubblici, in quanto l’accesso ai finanziamento sarebbe più semplice.
E ovviamente, esiste sempre il pericolo di bolle speculative. Infine, la domanda: quali asset la Bce dovrebbe comprare?