Dopo l’annuncio del rialzo dei tassi atteso per oggi dalla Fed, domani la palla passerà alla Banca Centrale Europa. Che, a meno di sorprese, lascerà fermo il costo del denaro, confermando allo stesso tempo le modalità con il quale sarà portato a termine il quantitative easing.
Mercati ed esperti sembrano tutti d’accordo nel ritenere che il Qe – che al momento procede al ritmo di 30 miliardi di euro al mese fino a settembre – sarà esteso fino a dicembre ma con acquisti mensili ridotti ad un massimo 10-15 miliardi, per poi essere ufficialmente chiuso con la fine dell’anno.
Indicazioni in questo direzione sono arrivate anche da alcuni esponenti di spicco della banca centrale europea. Lo stesso capoeconomista dell’Eurotower, Peter Praet, ha confermato che a Riga, dove si terrà la riunione di domani, i governatori discuteranno delle modalità di uscita dalle politiche ultra-espansive.
Dovrebbe rimanere invece immutato l’impegno a mantenere i tassi di interesse. Il consensus prevalente è che il primo aumento dei tassi non avverrà prima del giugno 2019.
Fari puntati domani anche sulle nuove stime di Bce su Pil e inflazione per i prossimi tre anni. Le attese sono per una lieve revisione al ribasso delle stime sul Pil (a marzo erano state indicate attese di una crescita del pil del 2,4% nel 2018, dell’1,9% nel 2019 e dell’1,7% nel 2020) mentre ci si aspetta una lieve correzione al rialzo di quelle per l’inflazione a riflettere il fattore del rincaro del petrolio. Le stime di marzo erano per una crescita dell’1,4% dell’indice Hicp nel 2018 e nel 2019 e dell’1,7% nel 2020.