La BCE scende in campo
Draghi sta per dare indicazioni sulle prossime mosse dell’Istituto di Francoforte. Da anni gioca in vantaggio sulla FED essendo nella posizione di applicare un politica espansiva, mentre la FED l’ha appena terminata.
Si parte da una quotazione del cambio dollaro/euro che in pochi giorni è passata da 1,20 ad 1,25. Dato poco comprensibile viste le opposte politiche monetarie in corso al momento.
Impossibile negare questa evidenza, pertanto nonostante si minimizzi l’aspetto speculazione, Draghi deve tenerne conto.
E lo fa senza mezzi termini. I riferimenti agli USA non sono espliciti. La guerra valutaria e l’avvio del protezionismo, impostati dagli USA che hanno ormai finito le armi per portare avanti la crescita economica diventano lo strumento principe.
Chi ne fa le spese è la BCE.
Nonostante la BCE continui ad acquistare titoli obbligazionari, l’euro si rafforza, soprattutto sul dollaro.
Pertanto, l’obiettivo di inflazione del 2% in Europa, che attualmente è in ritardo, rischia di essere compromesso. A meno di non rafforzare i consumi interni, visto che l’export è compromesso dal cambio.
Peccato che l’export rappresenti una delle voci di attivo più importanti della ripresa dell’Eurozona. E questo Trump lo sa bene.
I consumi interni si possono rafforzare adottando una politica analoga a quella di Trump: protezionistica.
Ma l’Europa avrebbe la forza di combattere un nemico con queste armi, ovvero che è strutturato da anni in ottica protezionista? La risposta è NO.
Solo le scelte USA possono “salvare” l’Europa…
Ulteriori approfondimenti sul blog dell’autore: Buymarket – Finanza.
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