Continuano i progressi nel mercato del lavoro, che si accompagno ora da una dinamica seppure modesta di aumenti salariali. Nell’ultimo Beige Book, il rapporto pubblicato ogni sei settimane sullo stato di salute dell’economia statunitense, la Federal Reserve sembra dunque spianare la strada alla possibilità che durante il 2018 le strette sui tassi di interesse possano essere quattro.
Così almeno credono gli investitoti, alla luce del documento elaborato tenendo conto di informazioni raccolte fino al 9 aprile e sarà utilizzato nella prossima riunione della Fed, in programma i prossimi 1 e 2 maggio. Teoricamente, la stima mediana ottenuta tenendo conto delle previsioni dei vari membri dell’Fomc è pari a tre strette monetarie, inclusa quella annunciata a marzo.
Nel documento, la Fed ha inoltre sottolineano che l’economia statunitense ha continuato a espandersi a un passo tra il “modesto” e il “moderato” tra marzo e l’inizio di aprile, mentre sul fronte occupazionale la carenza di personale specializzato ha portato i datori di lavoro ad alzare i salari e i benefit per attrarre lavoratori.
Non sono mancati i riferimenti alle politiche commerciali di Donald Trump. Sulla base delle informazioni raccolte nei 12 distretti in cui opera, la Federal Reserve ha registrato un “generalizzato” aumento dei prezzi dell’acciaio, “talvolta notevole”, per via dei dazi imposti dall’amministrazione Usa sul metallo importato nella prima economia al mondo.
Dal rapporto emerge che le aziende Usa “si aspettano un ulteriore aumento dei prezzi nei mesi a venire, specialmente per l’acciaio e i materiali per le costruzioni”. Non solo. La Fed ha osservato segnali “sparsi” di aziende che “con successo stanno passando l’aumento dei prezzi ai consumatori nei settori manifatturiero, IT, dei trasporti e delle costruzioni”.
Nel documento si nota infine che, seppure ottimiste sull’outlook americano, le aziende americane sembrano temere l’effetto negativo dato dai dazi che l’amministrazione Trump ha introdotto (su pannelli solari, lavatrici, acciaio e alluminio) o che si prepara a fare scattare su una vasta gamma di prodotti Made in China. Il rapporto cita due fonti secondo cui le tariffe doganali ventilate contro la Cina “rappresentano un rischio notevole”.
In un caso a lamentarsi è stato un produttore di giocattoli la cui produzione dipende per il 75% dalla Cina. In un altro “i dazi punitivi” sull’alluminio cinese hanno già avuto un forte effetto sui prezzi. Questo contatto, riferisce la Fed, ha detto che “questi dazi stanno uccidendo aziende e lavori manifatturieri ben pagati in America”. L’esatto opposto di quanto sostenuto dal presidente americano Donald Trump.