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BERLUSCONI A GHEDINI: MAI DETTO TU PAZZO O IO SPIATO

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(WSI) – «Qui ci sono cose che non ho mai detto: io non ho mai parlato di complotto oscuro, non ho mai detto di temere di essere spiato e non ho mai detto che il mio avvocato è uscito pazzo… Questi sono dei disgraziati». Lo ha detto il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conversazione telefonica con Niccolò Ghedini, deputato del Pdl e avvocato del premier, registrata da una telecamera di SkyTG24 (guarda video) nel corso del giro di tavolo che effettuano le televisioni prima dell’inizio dei lavori del Consiglio europeo. «Ma dai Niccolò – dice ancora Berlusconi al telefono – ma ti sembra possibile che tu possa pensare una cosa del genere di me?», ha aggiunto Berlusconi sempre riferendosi alle ricostruzioni giornalistiche su alcune considerazioni fatte dal Cavaliere in merito all’operato di Ghedini stesso. «A questo punto mi offendo io. Ora chiamo Bonaiuti – prosegue – e facciamo un comunicato».

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LA NOTA – «Sui giornali – si legge nella nota diramata successivamente – si continuano a leggere frasi tra virgolette attribuite a Silvio Berlusconi che il presidente del Consiglio non ha mai detto e questo è “scandaloso”». La dichiarazione cita una serie di frasi riprese da articoli odierni del Corriere della sera, della Stampa, del Messaggero e di Repubblica: «Ecco un campionario di falsità dai giornali di oggi: ‘Temo di essere spiato’; ‘Sono stato spiato e pedinato’; ‘Risponderò colpo su colpo’; ‘Il mio avvocato è uscito pazzo’; ‘Se vogliono la guerra l’avranno’; ‘E’ in atto un oscuro complotto’. Tutte queste frasi sono inventate di sana pianta. Ma per garantire la loro verosimiglianza, vengono riportate dai giornali tra virgolette e attribuite al presidente Berlusconi da ignoti interlocutori (mai nome e cognome, per carità!). Questo malvezzo è peggiorato negli ultimi tempi, eppure non abbiamo visto ancora un solo intervento degli Organi dei giornalisti».

L’AVVENIRE – Nel frattempo, c’è da segnalare la presa di posizione di Avvenire. In un editoriale, il giornale dei vescovi chiede al premier di fornire «il più presto possibile» un chiarimento sui tanti interrogativi, sulle voci sul suo conto che hanno portato anche a una inchiesta a Bari. «Il punto centrale è la necessità di arrivare il più presto possibile a un chiarimento sufficiente a sgombrare il terreno dagli interrogativi più pressanti, che non vengono solo – sottolinea il giornale della Cei – dagli avversari politici, ma anche da una parte di opinione pubblica non pregiudizialmente avversa al premier». «È lecito domandarsi – si chiede l’Avvenire – se il presidente del Consiglio abbia finora scelto la linea di resistenza migliore e i difensori più appropriati al suo caso». Ma anche se «non fosse possibile eliminare ogni ombra, perché ad esempio su alcune questioni il bandolo della matassa è in mano alla magistratura, si pongano almeno i presupposti per evitare ulteriori stillicidi di chiacchere e di tempeste mediatiche». «Senza illudersi – conclude Avvenire – che l’efficienza dell’azione di governo possa far premio, sempre e comunque, sui comportamenti privati. Alla lunga, tutto finisce per avere un prezzo. E il pericolo, soprattutto in questo caso, è che a pagarlo non sia soltanto il singolo debitore di turno, ma l’interno Paese».

PUNTA DELL’ICENBERG – Questa è solo la punta dell’iceberg. Arriverà altra spazzatura per screditarmi personalmente, ma non sanno di che pasta sono fatto. Io ho le spalle larghe: più mi colpiscono e più mi carico e reagisco ». Silvio Berlusconi è a Bruxelles per il vertice europeo, ma la sua testa resta in Italia, alla storia piccante di Patrizia D’Addario e delle ragazze portate a Palazzo Grazioli. Il premier furioso con D’Alema e quel giro di ex magistrati vicini al Pd che avrebbero spifferato le inchieste della procura barese. Malo è anche con il suo avvocato Niccolò Ghedini che ha definito Berlusconi come un eventuale «utilizzatore finale» delle squillo: «Maè uscito pazzo!». Il premier continua a ripetere ai suoi ministri di stare tranquilli perché non riusciranno a disarcionarlo. «Sono persone pagate, non mi farò mettere sotto».

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