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Berlusconi: ‘Io come Tortora’

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ROMA (WSI) – Silvio Berlusconi attacca a fondo i magistrati ma blinda il governo Letta. Aveva premesso che non ci sarebbero stati attacchi all’Esecutivo e così è stato, anzi Silvio Berlusconi approfitta di diversi passaggi del suo intervento alla manifestazione di Brescia per ribadire piena “lealtà e sostegno” alla nuova Compagine. Il tono rassicurante sulla tenuta del governo si alterna, però, ad una lunga invettiva, attesa anche questa, contro quella parte della magistratura che vuole “eliminarlo dalla scena politica”.

L’ira dell’ex premier è a tanta ed il comizio a Brescia rappresenta il momento ideale per ‘sfogare’ la rabbia dopo la condanna in appello per ‘l’affairé Mediaset e in vista del processo Ruby arrivato alle battute finali. Ed è proprio contro i giudici che Berlusconi in tono di sfida si rivolge per gran parte del tempo.

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“Potete farmi di tutto ma non mi potrete mai impedirmi di essere il leader del Pdl, io sono qui e qui rimango”. E’ quanto basta per far insorgere l’Anm che in serata respinge al mittente le critiche del cav sui fini politici di certa magistratura e attacca definendo demagogiche le riforme proposte dall’ex capo del governo. Il clima che si respira a Brescia non è lo stesso delle due manifestazioni precedenti, quella di Roma e quella a Bari. Anche il Cavaliere non rispetta tutta la scaletta. Parla meno del previsto e lascia il palco, subito dopo aver terminato di parlare, al candidato sindaco e a Maria Stella Gelmini tanto che le voci che si spargono tra gli stessi parlamentari è di un Cavaliere non proprio al top della forma. L’intervento dell’ex premier tra l’altro viene ritardato di circa due ore per la presenza in piazza di molti contestatori. Diversi big del partito sono presi di mira così come lo stesso ex capo del governo.

Alla tensione di piazza Duomo poi si aggiunge lo scontro, tutto verbale, tra Pdl e Pd sulla presenza alla manifestazione con il Cavaliere del segretario del Pdl e ministro dell’Interno Angelino Alfano. L’idea iniziale era quella di non prendere parte alla kermesse bresciana ma poi la ‘chiamata alle armi’ del Cavaliere ha fatto correre tutti nella città lombarda. La presenza del vice premier che a differenza delle altre volte non è salito sul palco è stata duramente contestata dal Pd.

La decisione non è piaciuta nemmeno ad Enrico Letta che pur senza citare Alfano afferma: “I magistrati vanno rispettati sempre e comunque”. La pioggia di critiche non ferma però il segretario pidiellino che su twitter replica alle accuse sottolineando la sua “lealtà al governo e al Pdl”. Ma è lo show del Cavaliere contro i giudici a dominare l’attenzione dei militanti in piazza. L’ex capo del governo dice di sentirsi una “vittima come Enzo Tortora” annunciando che il suo partito si “batterà in Parlamento per la riforma della giustizia. Non serve a me – spiega – ma ai cittadini”. Il Cavaliere non esita a definirsi un “perseguitato” dalla certa magistratura che – dice -“tenta di eliminarmi” avendo nei miei confronti “un pregiudizio politico e una invincibile invidia, che sfocia spesso nell’odio”.

Immediata la replica dei familiari del popolare giornalista-presentatore. “Non posso accettare questi paragoni – ribatte Silvia Tortora, la figlia maggiore – mio padre ha sempre rispettato i giudici, ha risposto alle loro domande e si è sempre presentato. In questi giorni cade il 25/mo anniversario dell’arresto di mio padre, il 17/mo dalla sua morte: purtroppo devo constatare che non riposerà mai in pace finché qualcuno continuerà a strumentalizzare questa vicenda. Sono allibita, non posso accettare tutto questo. Enzo aveva una dignità e tutti lo dovrebbero ricordare”.

“Caro Silvio, mio padre – sottolinea Gaia Tortora – era un’altra storia. Un’altra persona. Ognuno risponde alla sua coscienza. No strumentalizzazioni”.

Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi hanno “il sapore della propaganda, della ricerca di una legittimazione”. per Francesca Scopelliti, compagna del presentatore. “Ognuno deve rispondere alla propria storia, alla propria vita. E Tortora è tutta un’altra storia” – ha detto all’ANSA Scopelliti, compagna di Tortora dal 1982 al 1988, e che lo ha affiancato durante tutta la sua battaglia – personale non solo – condotta con il Partito Radicale per una “giustizia giusta”. E’ stata accanto a lui fino alla morte che ricorre proprio tra pochi giorni: il 18 maggio di 25 anni fa. Scopelliti fa notare al leader Pdl che ha avuto a disposizione 20 anni per ricordare il dramma di Enzo Tortora.

[ARTICLEIMAGE] A fare da scudo all’ex capo del governo ci pensano tutti i big di via dell’Umiltà pronti, su indicazione del Cavaliere, ad alzare il livello dello scontro. Per lunedì era stata convocata a Milano la riunione dei gruppi di Camera e Senato per procedere, come era accaduto l’11 marzo scorso, ad un blitz davanti il Tribunale di Milano nelle stesse ore in cui è prevista la requisitoria sul processo Ruby.

Un’idea, spiegano i fedelissimi del Cavaliere, accantonata dallo stesso Berlusconi per evitare di prestare il fianco a chi accusa il suo partito di voler metter in discussione il governo. Sull’esecutivo il Cavaliere fa capire di essere il primo supporter “Ho lavorato per far nascere questo governo” spiega ai militanti che non fanno mancare il solito coro ‘chi non salta comunista e” ribadendo l’intenzione di creare problemi: “Io sono leale – mette in chiaro – è rispetto gli accordi”. Certo dal premier, il Cavaliere fa capire di aspettarsi il rispetto degli accordi: Abolizione totale dell’Imu innanzitutto, ma anche sgravi alle imprese, nessun aumento dell’Iva e detassazione per chi assume: “Sono tutti punti che il premier ha citato nel suo discorso di insediamento alle Camere”. (ANSA)

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Commento di Marco Travaglio

Bella l’idea del pellegrinaggio nella sua Medjugorje privata, Brescia, dove da vent’anni sogna di traslocare i processi da Milano. Purtroppo per lui, anziché dai giudici amici, il Cainano ha trovato ad accoglierlo migliaia di contestatori col dito medio alzato, cori “In galera” e cartelli con scritto “Hai le orge contate”. Il pretesto della scampagnata era sostenere un tal Adriano Paroli, il solito ciellino candidato a sindaco. Il quale, a cose fatte, è salito sul palco affiancato – per peggiorare la sua già penosa condizione – dalla Gelmini. E si è scusato di esistere: “Non era previsto un mio saluto…”.

Intanto il Popolo delle Libertà – qualche migliaio di poveretti – sfollava rapidamente la piazza, come alla fine dei concerti quando arrivano gli elettricisti e i facchini a portar via gli strumenti. Il meglio era accaduto prima, quando l’anziano delinquente (parola del Tribunale e della Corte d’appello), aveva intrattenuto i complici sull’imprescindibile tema dei cazzi suoi. Raramente s’erano viste scene più paradossali (a parte il silenzio di Pd, Letta e Napolitano, troppo impegnati contro i 5Stelle per accorgersi di quanto accade a Brescia).

Un vecchietto di 77 anni coi capelli bicolori – gialli sulla calotta asfaltata, neri ai lati -, gli occhi che non si aprono più, la dentiera che fischia e una preoccupante emiparesi al labbro superiore, annuncia un piano ventennale per salvare l’Italia da lui governata per 10 anni su 12 (un premier con qualche potere in più di Mussolini, un Parlamento ridotto a bivacco di manipoli, una Consulta e una Giustizia a sua immagine e somiglianza). Un monumentale evasore promette a quelli che pagano le tasse al posto suo di ridurgliele, dopo averle votate (così come Equitalia). Il politico più ricco del mondo lacrima il suo “struggimento per chi ha perso il lavoro” a causa dei suoi governi.

Un imputato recidivo che da vent’anni si trincera dietro l’immunità e le leggi ad personam suam per non farsi processare, si paragona a Tortora che rinunciò all’immunità per farsi processare. Il leader del terzo partito dà ordini al primo, da vero padrone del governo Letta (“ci ho lavorato a lungo, l’ho voluto io, è un fatto storico, epocale”). E quando gli iloti sotto il palco urlano “chi non salta comunista è”, ridacchia: “Io non posso saltare perché coi comunisti ci governo insieme!”. Il vicepremier e ministro dell’Interno Alfano, col ministro Lupi, noti moderati non divisivi e fautori della pacificazione, sfilano contro un altro potere dello Stato. Molto applaudite le parole dello spirito di mamma Rosa: “Mi diceva che sono troppo buono per far politica: da bambino mi impediva di legarmi campanelli alle caviglie per avvertire le formichine del mio passaggio e non schiacciarle”.

Due sole volte il Cainano perde il buonumore. Quando evoca Grillo, la mascella si contrae, gli occhi a fessura saettano, la gente tumultua. Quando cita “gli eventi drammatici di questi giorni” si pensa alle donne uccise o sfigurate con l’acido, ai morti di Genova, alla guerra in Siria. Invece lui parla della sua condanna, “me lo chiedono tutti”. Segue la solita sbobba piduista sulla responsabilità civile dei giudici (che c’è già dal 1988), la separazione delle carriere, i pm ridotti ad “avvocati dell’accusa che vanno dai giudici col cappello in mano” (come Previti quando andava da Squillante col cappello pieno di banconote), le intercettazioni (non gli piacciono, a parte quella Consorte-Fassino), la carcerazione preventiva (non si arresta uno prima del processo: se scappa o delinque ancora, tanto meglio).

Poi viene finalmente al punto: “Le carceri sono un inferno”. Lo sanno bene i suoi guardagingilli Castelli, Alfano e Palma, che le hanno ridotte così. Prossima mossa: una bella amnistia. Così escono un po’ di delinquenti e soprattutto non ne entrano altri, tipo lui. Ma questo non lo dice, non è ancora il momento: “Mi fermo qui, sono sopraffatto dalla commozione”. Appena pensa alla sua cella, gli vien da piangere.

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