ROMA (WSI) – Italia, l’Europa, il mondo intero attendono l’esito di questa lunga giornata, con il premier italiano Enrico Letta che chiederà la fiducia in parlamento. Questo, mentre è in atto una vera e propria scissione all’interno Pdl, tra falchi sostenitori eterni di Silvio Berlusconi e colombe, tra cui spicca a sorpresa il delfino del Cavaliere, Angelino Alfano, che non se la sente proprio di staccare la spina al governo Letta.
“Rimango fermamente convinto che tutto il nostro partito debba votare la fiducia a Letta. Non ci sono gruppi e gruppetti”, ha detto il segretario del Pdl. Ed ecco che di colpo l’influenza che il Cavaliere ha esercitato per 20 anni sui suoi fedelissimi è in crisi, e sigla l’inizio di una nuova era. Quella, secondo alcuni inevitabile, della parabola discendente di un leader ancora combattivo, ma che assomiglia sempre più a un Don Chisciotte contro i mulini a vento.
Stando a quanto riporta il Corriere della Sera i falchi del PdL hanno parlato del “giorno del tradimento”, e a fine serata Silvio Berlusconi si sente pugnalato. Dal suo “Angelino”, al quale “ho dato tutto”, che adesso lo ripaga con un aut aut micidiale: “Presidente, o votiamo tutti insieme la fiducia al governo, o noi non ti seguiremo e ci staccheremo. E siamo tanti”.
Alla fine, alle dieci di sera, la decisione però è presa: “Basta, si vota la sfiducia, non si torna indietro. Si sono fatti respingere le dimissioni da Letta senza nemmeno avvertirmi, con me hanno chiuso, lo vedranno… E vedranno anche quanti davvero mi voteranno contro…”, ha dato l’ordine Berlusconi.
Le opzioni per un Letta bis ci sono, e prevedono nuovi inciuci con le colombe del Pdl e i dissidenti del Movimento 5 Stelle. Al Senato il quorum richiesto è quota 161, cioè il quorum compresi i senatori a vita.
Il premier Enrico Letta chiederà la fiducia, prima a Palazzo Madama e poi a Montecitorio, con un intervento mirato ad un chiarimento che, indica il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, preveda per il governo “uno sbocco non precario” fino al 2015.
“Ho scelto la via del ritorno al giudizio del popolo non per i ‘miei guai giudiziari’ ma perché si è nettamente evidenziata la realtà di un governo radicalmente ostile al suo stesso compagno di cosiddette “larghe intese”, scrive Berlusconi in una lettera a Tempi in edicola il 3 ottobre. Berlusconi spiega di non aver più voluto sostenere il governo “quando Letta ha usato l’aumento dell’Iva come arma di ricatto nei confronti del mio schieramento. Lì ho capito che non c’era più margine di trattativa”.
“Il Pd (compreso Matteo Renzi) ha tenuto un atteggiamento irresponsabile soffiando sul fuoco senza dare alcuna prospettiva politica”, afferma ancora il Cavaliere nella lettera a Tempi in cui aggiunge: “pur comprendendo tutti i rischi che mi assumo, ho scelto di porre un termine al governo Letta”.
“Resistere – per me è stato un imperativo morale che nasce dalla consapevolezza che senza il mio argine – che come è evidente mi ha portato ben più sofferenze che ricompense – si imporrebbe un regime di oppressione insieme giustizialista e fiscale” .
“I settori politicizzati della magistratura sono pervenuti a un’incredibile, ingiusta perché infondata, condanna di ultima istanza nei miei confronti. Ed altre manovre persecutrici procedono in ogni parte d’Italia”