ROMA (WSI) – Un senatore pidiellino, mentre Bondi gridava in Aula contro il governo Letta, spiegava che in mattinata Berlusconi aveva già cambiato idea tre volte.
Non sapeva, evidentemente, che stava cambiandola ancora. Perché un’ora e mezza dopo, in quattro minuti, il Caimano stanco rovesciava di nuovo tutto, accennando appena al ‘travaglio interno’ del suo partito e confermando la fiducia a quell’esecutivo che novanta minuti prima Bondi aveva accusato di tradimento.
Aveva gli occhi socchiusi, l’ex premier. Di rabbia, ma anche di paura. Il terrore di essere sbattuto all’opposizione: con la Santanchè e Verdini, certo, ma poi in galera rischia di andarci solo lui.
Così alla fine li ha mollati: ha messo sul piatto – di nuovo – la ‘pacificazione’ e fondamentalmente ha chiesto un time out, come nel basket, forse perché ha capito di essere suonatissimo, incapace oggi come oggi di prendere decisioni lucide e utili a se stesso. L’importante per lui, stamattina, era evitare che nel pomeriggio si formasse il nuovo partito di Formigoni-Cicchitto-Lupi: quella sarebbe stata la morte immediata, così almeno l’ha rimandata un po’, o comunque lui crede così.
In Aula, prima di lui, si erano alternati discorsi surreali (il leghista che metteva sul bilancino i disoccupati del nord e del sud), psicanalitici (Casini che invitava i pidiellini a mollare il Capo sulla base del ‘ci siamo passati tutti, è dura ma poi ci si sente meglio’) e pure psichiatrici (la fuoriuscita grillina De Pin stava palesemente malissimo, non so come abbiano fatto i suoi ex compagni ad aggredirla, bisognava darle un bicchier d’acqua e un calmante, poveraccia).
Poi appunto è arrivato Bondi e ha rotto l’ipocrisia: di Silvio si doveva parlare, e della sua galera, il resto essendo fuffa. Ha sparato ad alzo zero, lo sfigato Bondi, senza immaginare che poco dopo l’avrebbero richiamato dalla trincea.
Comunque, gli altri hanno fatto tutti finta di non sentire: doveva essere molto fastidioso sentirsi ricordare che per vent’anni – chi più chi meno – ci avevano avuto tutti a che fare, con l’ex premier. Meglio rimuovere il passato, siamo pur sempre il Paese in cui il 26 aprile del ‘45 eravamo stati tutti antifascisti.
Poi ha parlato di nuovo Letta, che ormai incarna l’idea platonica della democristianità: ha ringraziato tutti ma proprio tutti, anche chi gli aveva appena dato dell’incapace e del traditore, nominando a uno a uno i senatori che avevano parlato, distribuendo camomille di parole, soldarizzando senza se e senza ma con il “travaglio” dei fuoriusciti grillini, e a quel punto Scilipoti si è giustamente incazzato perché a lui da tre anni invece lo prendono per il culo tutti, mai aveva avuto un riconoscimento in Aula per i suoi “travagli”, lui.
Insomma scene surreali, la terra dei cachi in diretta tivù, con un premier che citava Einaudi e Croce preparandosi a tirare a campare con Giovanardi e Mastrangeli.
Poi, appunto, è arrivato B. a sgonfiare l’attesa della conta, a far rimettere nell’armadio il pallottoliere. Bondi ammette che a «pugnalare alle spalle» Silvio è stato il suo stesso partito. Il Caimano, probabilmente, per la prima volta si sta chiedendo se in questi giorni guadagnati non sia il caso di infilarsi in uno dei suoi aerei.
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