Chiunque abbia volato almeno una volta, prima di acquistare il biglietto aereo ha più volte controllato il prezzo, sullo stesso sito piuttosto che su altri; facendolo avrà sicuramente notato il variare del prezzo anche a distanza di poco tempo e con parametri di volo invariati.
Di norma si è portati a pensare che la cosa dipenda dal fatto che l’offerta sia scaduta tra un momento e l’altro, oppure che nel frattempo altri passeggeri abbiano prenotato il biglietto riducendo i posti disponibili e, di conseguenza, facendo aumentare il prezzo per quelli rimanenti.
In realtà, benché le compagnie aeree smentiscano e si limitino ad un ufficioso “utilizziamo i big data per massimizzare il profitto all’interno di una stessa classe di volo; in una Economy ci sono quindici diverse fasce di prezzo e così il viaggio da Milano a New York, a parità di sedile, può costare 300 o 900 euro“, il costo varia a seconda del tipo di connessione da cui accedete al sito e da quante volte entrate nel medesimo per monitorare il prezzo del biglietto.
Accedendo infatti da diversi dispositivi (smartphone, tablet, pc, etc.) e, di conseguenza, con diverse modalità di connessione (rete fissa privata o aziendale, wi-fi pubblico o privato, e via dicendo), gli algoritmi dei siti di prenotazione sono in grado di elaborare queste informazioni per dedurre la vostra capacità di acquisto o, in altri termini, la vostra disponibilità a pagare.
Ad esempio, visitando il sito da una rete aziendale, l’algoritmo sarà più portato a “pensare” che vi permettiate di spendere di più (i soldi sono dell’azienda, mica vostri!) e quindi tenderà ad alzare il costo. Ancora, come spiega “Il Corriere della Sera”, lo stesso ragionamento viene fatto sulla base del tipo di dispositivo dal quale accedete: l’accesso effettuato da un tablet di ultima generazione spingerà il sito a proporvi prezzi più alti perché l’informazione che voi state dando all’algoritmo è quella di un cittadino che si può permettere un determinato stile di vita.
In ultima battuta, il prezzo varia a seconda del numero di volte che cercate informazioni su uno specifico volo; questa informazione fa capire all’algoritmo quanto siate o meno interessati allo stesso, calibrando il costo del biglietto aereo.
Il punto cardine su cui gira l’algoritmo è la geolocalizzazione dell’utente. Questa permette di incrociare i dati del posizionamento dell’utente (se risiede in centro, in periferia, in città o in campagna ed in che zona della nazione, se al nord o al sud) differenziando il prezzo del biglietto relativamente alle fasce di reddito di ogni area.
Come già detto precedentemente, l’altra informazione vitale per l’algoritmo è quella inerente al dispositivo elettronico: su tablet e smartphone compare un prezzo solitamente più elevato rispetto al computer, anche a parità di località da cui ci si connette. Anche il sistema operativo del dispositivo partecipa alla definizione del costo: il sistema iOs di Apple, infatti, è collegato alla fascia reddituale più alta rispetto a quella di Android.
Infine, si evidenzia la questione temporale; nei primi cinque giorni della settimana si tende a trovare tariffe più elevate in quanto l’algoritmo ipotizza si tratti di trasferta di lavoro, mentre da venerdì sera a domenica sera la media si abbassa perché l’incrocio dei big data immagina che si tratti di un viaggio di piacere o di un’esigenza familiare.
Con un’intervista sulla rivista “Harvard Business Review” Rafi Mohammed, noto consulente sulle strategie di prezzo, commenta così:
“È una versione moderna del rivenditore di auto. Se a quelli bravi bastano uno sguardo all’abbigliamento, domande sulla residenza e sulla professione e un paio di battute per intuire quanto può spendere al massimo per un veicolo ogni singolo cliente, allo stesso modo funzionano anche gli algoritmi elaborati per conto di alcune compagnie aeree e motori di ricerca dei viaggi”.
Come ogni cosa, anche la tecnologia ha i suoi pro ed i suoi contro.