Cresce l’interesse degli investitori istituzionali nei confronti degli asset digitali. Dopo i passi avanti compiuti su questo terreno da alcune tra le maggiori banche Usa, anche i fondi pensione aprono le porte al Bitcoin.
Ne è un esempio KiwiSaver Growth Strategy, piano pensionistico da 350 milioni di dollari gestito da New Zealand Wealth Funds Management, che ha annunciato di aver assegnato il 5% dei suoi asset a Bitcoin. Una decisione che a sentire, James Grigor, chief investment officer del fondo, prende le mosse dalla straordinarie somiglianze tra la regina delle criptovalute e le commodity, in particolare l’oro.
“Se investi in oro, non puoi proprio ignorare Bitcoin,” ha spiegato a Stuff, un’agenzia di stampa neozelandese, aggiungendo che nei prossimi cinque anni il bitcoin arriverà in altri prodotti KiwiSaver.
Per ora l’investimento ha portato rendimenti significativi, visto che il fondo ha comprato Bitcoin per la prima volta a ottobre, quando le quotazioni o della criptovaluta era di appena 10.000$. A marzo, il prezzo di Bitcoin ha toccato un picco sopra i 61.000$.
Grigor ha spiegato che KiwiSaver è “stato sviluppato prevalentemente attraverso classi di asset tradizionali”, ma aperto anche ad altre opportunità.
Bitcoin: fondi pensione divisi
Non tutti convergono su questa idea. C’è chi, tra i competitor del fondo neozelandese, continua a vedere il bitcoin come una scommessa speculativa. E che, alla luce delle decisioni del fondo pensione, hanno dichiarato che, a questo punto, investire in KiwiSaver è diventato un gioco d’azzardo più che un investimento.
Critiche a parte, lo scorso luglio una ricerca Evertas condotta su 50 investitori istituzionali britannici e Usa i cui asset in gestione superavano i 78 miliardi di dollari aveva dato nuovi segnali di curiosità nei confronti degli asset digitali.
Il 26% dei fondi pensione, assicurativi e family offices aveva indicato la volontà di incrementare “drasticamente” i propri investimenti di criptovalute nei prossimi cinque anni, mentre il 64% dello stesso campione aveva anticipato un incremento “leggero”. Per gli hedge fund, i fondi tradizionalmente più aggressivi, le due percentuali erano rispettivamente 32 e 48%.