Dai crimini informatici all’uso improprio dei dati, i problemi di “fiducia digitale” minano la fiducia nelle istituzioni tradizionali e nella tecnologia che le alimenta.
Un’erosione di fiducia alimentata dai social media, che semplificano l’esternazione di emozioni negative verso governi, media e imprese, e contribuiscono ad amplificarle. Lato imprese, anche la disorganizzazione dei processi aziendali può ridurre la fiducia degli stakeholder. Una perdita di fiducia che costa cara alle società: secondo uno studio di Deloitte condotto su tre grandi aziende globali, ciascuna con una capitalizzazione di mercato di almeno 10 miliardi di dollari, che erano state coinvolte in scandali, è emerso che le aziende hanno perso dal 20% al 56% del loro valore, per un totale di 70 miliardi di dollari, dopo aver perso la fiducia degli stakeholder.
Molte organizzazioni costruiscono la propria credibilità con gli stakeholder andando oltre gli obiettivi aziendali tradizionali, come la qualità del prodotto, il profitto e la crescita, per includere gli sforzi ambientali, sociali e di governance (ESG) e gli impegni in materia di Diversity, Equity and Inclusion (DEI). La blockchain può contribuire a colmare un gap di credibilità: la fiducia digitale.
Blockchain e fiducia
Grazie alla blockchain, la fiducia degli stakeholder non è più riposta in un unico soggetto, sia esso un’azienda o un singolo individuo), bensì nella community degli utenti e potrebbero pertanto essere un antidoto al calo di fiducia degli utenti nei confronti delle istituzioni e delle aziende tradizionali.
Come spiegano gli esperti di Deloitte nello studio “In us we trust: Decentralized architectures and ecosystems”, i sistemi, le applicazioni e i modelli di business decentralizzati aggiungono uno strato protettivo all’infrastruttura di transazioni esistente, consentendo alle organizzazioni di colmare il divario di fiducia digitale aiutandole a creare un’unica verità inconfutabile. Tali sistemi si basano sul consenso degli utenti di tutto il sistema, guidato dalla crittografia e dal codice, piuttosto che sulla moderazione di intermediari terzi, senza sacrificare la privacy dei dati. Il record condiviso e affidabile che ne risulta può essere verificato da terze parti selezionate, ma non può essere controllato da un singolo superutente centrale. Un consorzio di partecipanti mantiene le informazioni aggiornate in modo che ogni partecipante mantenga una copia del database aggiornato e immutabile.
Gli impieghi della blockchain
Concretamente, la blockchain può essere impiegata per credenziali digitali, identità digitali, condivisione di dati con terze parti, tracciabilità, micropagamenti e transazioni.
Sul fronte delle credenziali digitali, lo Stato di New York, ad esempio, ha creato la credenziale sanitaria digitale Excelsior Pass, che consente ai cittadini di New York di memorizzare e verificare in modo sicuro i risultati negativi del test COVID-19 e le registrazioni delle vaccinazioni sui loro telefoni cellulari, senza condividere altri dati sanitari personali.
Le persone possono sfruttare anche la blockchain per creare, gestire e memorizzare le proprie identità nei portafogli digitali, portando potenzialmente a transazioni più sicure tra venditori e acquirenti, locatori e potenziali inquilini e persino utenti di app per incontri. Le aziende possono verificare o rilasciare credenziali, identità e licenze. Ad esempio, il BMW Group ha collaborato con il governo tedesco per la creazione di patenti di guida basate su blockchain che aiutano a prevenire le frodi di identità e a ridurre l’attrito nelle transazioni come il noleggio o l’acquisto di un’auto e l’assicurazione.
I sistemi blockchain sono utili per le applicazioni in cui più partner commerciali esterni, i quali non si conoscono, non si fidano gli uni degli altri o potrebbero persino essere concorrenti, devono raggiungere il consenso e non posso contare sul supporto di un intermediario. Abbattendo i silos di dati tra questi gruppi, la blockchain permette ai dati di fluire tra le diverse aziende, assicurando la fiducia delle parti senza compromettere la privacy, la sicurezza o la proprietà intellettuale.
Per esempio, il marchio di moda LVMH ha lanciato il consorzio Aura Blockchain per tracciare la provenienza dei prodotti e dimostrarne l’autenticità; tra i fondatori figurano anche i marchi di lusso Prada, Cartier e Mercedes-Benz. I membri sviluppano le proprie esperienze uniche e mantengono i propri dati secondo i più rigorosi standard di privacy.
Inoltre, la Japan International Cooperation Agency (JICA) ha utilizzato un sistema basato su blockchain per monitorare il lavoro minorile nelle piantagioni di cacao in Costa d’Avorio. Il progetto mira a rendere trasparenti tutti gli aspetti del processo di produzione del cacao, utilizzando la blockchain per garantire la tracciabilità.
L’applicazione della blockchain può anche snellire alcuni modelli di pagamento. Se effettuate in criptovalute, le microtransazioni online – piccoli pagamenti che vanno da pochi dollari a frazioni di centesimo, come nel caso degli acquisti in app nei videogiochi – possono comportare commissioni spesso superiori al costo della transazione. Le nuove tecniche possono contribuire a rendere le microtransazioni più eque, snellendo il processo di intermediazione e riducendo le commissioni sulle microtransazioni.
Il ruolo del Web3
Sulla blockchain si basa anche la nuova frontiera della rete: il Web3, o web decentralizzato. Un web disintermediato ha il potenziale per trasferire il potere dagli intermediari ai produttori e ai consumatori. Oltre a dare ai consumatori il controllo sui loro dati e su chi li usa – e questo è già di per sé un grande cambiamento – potrebbe anche aiutare a eliminare le frodi pubblicitarie causate dai bot di Internet. Una maggiore fiducia verso il processo pubblicitario digitale potrebbe aiutare gli inserzionisti a ricevere dati più rappresentativi sui consumatori raggiunti dai loro annunci.
Il web3 è alla base di criptovalute, NFT (Non-Fungible Token), smart contract (accordi in cui il rispetto dei termini e delle clausole è controllato da un software eliminando l’esigenza di un intermediario), e DAO (organizzazioni strutturate e gestite proprio attraverso gli smart contract).
Paolo Gianturco, Business Operations & FinTech Leader di Deloitte, commenta: “Dopo il Web1, in cui agli utenti è consentito solamente fruire dei contenuti della rete, e il Web2, che consente loro di creare ma non possedere il frutto del proprio passaggio online, il Web3 offre la promessa di rendere chi utilizza la rete il vero possessore della propria identità e dei propri beni digitali. Si tratta di un completo cambio di paradigma, a cui gli attori tradizionali guardano con sempre maggiore interesse. Non solo i progetti legati al Web3 sono raddoppiati nell’ultimo anno, ma sono sempre di più le collaborazioni tra attori finanziari tradizionali e soggetti decentralizzati: basti pensare al prestito recentemente erogato da MakerDAO a Société Generale.”
La finanza decentralizzata (DeFi)
Il rapido affermarsi della tecnologia blockchain, degli asset digitali e della finanza decentralizzata (DeFi) porta i servizi finanziari tradizionali a mettere in discussione modelli di business tradizionali, presentando al contempo nuove opportunità di crescita.
Lo spazio delle criptovalute e degli asset digitali continua a evolversi rapidamente e le organizzazioni hanno l’opportunità di sfruttare queste tecnologie emergenti e ridefinire le proprie strategie commerciali futuro.
Con la continua crescita dell’ecosistema digitale, l’adozione di queste tecnologie emergenti è diventata un tema prevalente sia nelle istituzioni istituzioni finanziarie tradizionali, sia in quelle non tradizionali. Attualmente la DeFi rappresenta la forza dirompente più significativa sul sistema finanziario globale.
Le tecnologie e le opportunità non sono ancora state definite in modo preciso, ma le fondamenta della DeFi sono state gettate e continuano a evolversi rapidamente.
“Le società finanziarie dovranno adottare un approccio personalizzato, che tenga conto sia dei rischi che delle opportunità della blockchain nella futura strategia aziendale”, ha concluso Gianturco.