ROMA (WSI) – Per i nati dal 1980 i dati sono impietosi. A dirlo il presidente dell’Inps Tito Boeri nel corso del suo intervento al convegno sul welfare dei millennials.
Il numero uno dell’istituto nazionale di Previdenza sociale sottolinea come per i giovani oggi la situazione è diventata drammatica con la disoccupazione aumentata del 50% dal 2010-2011 in poi, mentre i salari di ingresso sono calati del 20%. In parole povere i giovani nati negli anni Ottanta dovranno lavorare oltre i settant’anni per avere una pensione.
“Abbiamo un milione di disoccupati con meno di 35 anni 600 mila dei quali sono senza lavoro da oltre un anno e 250 mila sono laureati. I giovani sono costretti a lasciare l’Italia e sono 100 mila l’anno quelli che risultano residenti all’estero”.
La ricetta di Boeri per contrastare la dilagante disoccupazione giovanile? La decontribuzione.
“Il mercato del lavoro ha mostrato di reagire molto bene alla decontribuzione e nel 2015 l’occupazione è cresciuta tre volte il Pil. La decontribuzione è un mezzo potente per ridurre la disoccupazione”.
La copertura economica può derivare secondo Boeri con interventi sulle pensioni oltre i 5 mila euro, nonché ricalcolando col sistema contributivo i vitalizi. Il numero uno dell’Inps però boccia una delle ipotesi al centro del confronto tra governo e sindacati di questi giorni, ossia la pensione minima per i giovani.
“Non va nella loro direzione. Non mi sembra che al tavolo tra governo e sindacati sulle pensioni si stia parlando tanto di giovani e se lo fanno il discorso non va nella loro direzione: prima hanno fatto la quattordicesima, aumentando il fardello del debito sulle generazioni future e ora si parla di minimi pensionistici per i giovani. Ma chi paga? (…) Bisogna cambiare le aspettative dei giovani con interventi strutturali a loro vantaggio, non con interventi temporanei”.