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Bolla bond da $100 trilioni pone “sistema finanziario a rischio”

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LONDRA (WSI) – La bolla dei prezzi mondiale da 100 mila miliardi di dollari rappresenta un rischio sistemico che rischia di ingolfare la macchina finanziaria mondiale.

A dirlo è il Financial Times in un articolo intolato “È il momento di scoprire se l’asset management è un rischio sistemico” viene citato il membro della Fed James Bullard, che nei giorni scorsi ha avvertito che le bolle di asset che si stanno creando avranno “conseguenza gravi” su mercati ed economia.

Una stretta a giugno potrebbe mettere sotto intense pressioni i fondi a reddito disso. Il tutto mentre i mercati dei fondi comuni si sono gonfiati in maniera esponenziale dal 2008.

Basti pensare che negli Stati Uniti il mercato, che vale la metà del totale mondiale, è raddoppiato a 15 mila miliardi di dollari dal 2008. “Dal rialzo del costo del denaro del 1994, i fondi comuni che investono nei bond sono cresciuti di sei volte, a oltre 3 mila miliardi”.

E ancora: dal 2000 i mercati mondiali dei bond sono triplicati di dimensione. Oggi valgono oltre 100 mila miliardi di dollari e sono intrecciati a doppio filo con il mercato dei derivati da $550 mila miliardi.

Stanno crescendo di numero i gestori britannici che provano a lanciare un allarme sull’obbligazionario, osservando come il valore dei bond sia inflazionato.

Il quotidiano finanziario della City fa riferimento al fatto che “l’80% dei manager di fondi” interpellati da CFA UK, un organismo che fissa gli standard finanziari nel Regno Unito, è “preoccupato del valore inflazionato dei bond”.

Per gestire i rischi che certi fondi rappresentano, un’idea ventilata è quella di “aumentare i livelli di accantonamento degli asset manager”.

A inizio marzo, per esempio, il Financial Stability Board e l’organizzazione internazionale del comitato dei bond hanno promesso di varare un “piano per identificare quali sono i rischi sistemici dei fondi più importanti e contenere tali pericoli”. Il rischio è che sia già troppo tardi.

In realtà tali iniziative di regolamentazione sono state chieste dal G20 già alla fine del 2011. Ma il “piano di adottare un piano” – che non sarà operativo prima dell’anno prossimo – potrebbe vedere la luce troppo tardi, secondo il giornale britannico.

In particolare rispetto ai tempi con cui si prevede che la Federal Reserve imponga un rialzo dei tassi di interesse, che sono fermi allo 0-0,25% dal 2008.

In tale contesto incerto, l’ipotesi che vengano adottate misure coercitive di controlli di capitale, che limitano i prelievi degli investitori in tempi difficili, si fa sempre più probabile. Anche in Italia, dove il governo ha dimostrato una certa facilità nel tassare il risparmio.

Fonte: Financial Times

(DaC)