Operazioni spericolate condotte da investitori avversi al rischio devono essere impedite dalla banca? Oppure basta un semplice avvertimento da parte dell’istituto? Secondo la sentenza della Corte di cassazione n. 1376, depositata ieri, informare non basta: è necessario non dare corso all’investimento richiesto dal cliente, soprattutto se si in ballo ci sono la totalità dei suoi risparmi. Ribaltate, dunque, le sentenze di primo e secondo grado, che non avevano riscontrato alcuna illegittimità da parte di una banca che un avvertimento, diretto al cliente inavveduto, l’aveva comunque inviato. L’operazione, oggetto della sentenza, riguarda i celeberrimi tango bond argentini, acquistati dal ricorrente per 130mila euro.
Le informazioni fornite dalla banca, infatti, non sarebbero state adeguate. Il messaggio rivolto al cliente recitava: “Con riferimento alle informazioni acquisite […] la banca segnala che la presente operazione non appare adeguata e per tale ragione non intende dare seguito all’ordine”. Un monito che, rimasto inascoltato, ha visto il cliente insistere nella sua volontà d’investire.
Secondo la Cassazione la segnalazione della banca è stata troppo generica, in quanto non conteneva informazioni fondamentali come il rating del titolo e sulla sua natura.
Visto il profilo di rischio medio-basso del cliente, la somma investita pari alla totalità dei risparmi, e, stando di fatto che l’emittente del titolo fosse vicino al default, la Corte ha concluso che la banca non avrebbe dovuto, nemmeno dopo la conferma scritta del cliente, dare corso all’ordine.
La Cassazione, perciò, ricorda alla banca che la professionalità impone l’impegno “di valutare comunque l’adeguatezza” delle operazioni “rispetto ai parametri di gestione concordati, con facoltà di recedere dall’incarico, per giusta causa […] qualora non ravvisi tale adeguatezza”.
Fonte: Il Sole 24 Ore