Pimco non si aspetta di vedere una recessione in Usa e pertanto ha deciso di tenere un atteggiamento un po’ più aggressivo nel mercato obbligazionario ma, come ha sottolineato il CIO del primo fondo obbligazionario al mondo Dan J. Ivascyn, i portafogli del gruppo continuano a mantenere un tono generale difensivo. Questo per via dell’incertezza del quadro economico e monetario.
Su quest’ultimo aspetto, l’ambito di grande importanza delle politiche monetarie, ci troviamo in un terreno sconosciuto. Anzi, ci troviamo “ai confini della realtà”, come sottolinea il noto strategist di Kairos Alessandro Fugnoli. In un’analisi per IT Forum l’analista prova a fare previsioni sull’andamento dei tassi di interesse.
Essi potrebbero andare dallo zero al 4%, a seconda di come si comporterà l’inflazione e a seconda di quello che decideranno di fare Federal Reserve e BCE. Tra una decina di giorni la banca centrale americana inizierà a valutare i pro e i contro dell’adozione di un nuovo obiettivo di inflazione.
Si passerebbe dalla metodologia dell’obiettivo annuale (che da tempo per le varie banche centrali è del 2%, soglia che però è stata messa in discussione), a un obiettivo di medio-lungo periodo, sempre del 2%. È un modo come un altro “per alzare l’obiettivo di inflazione (o la tolleranza verso l’inflazione) senza dire di farlo. Formalmente il due per cento resta in vigore e gli si rende anzi ulteriore omaggio cercando di rispettarlo a tutti i costi, anche retroattivamente. In pratica, per i prossimi dieci anni il 2.5 è il nuovo due”.
La differenza, spiega Fugnoli, sta nel fatto che “nel primo caso ogni anno si ricomincia da capo e, se l’anno precedente l’inflazione è stata, poniamo, dell’1,5, l’anno seguente avrà comunque il due come obiettivo. Nel secondo caso, invece, se nei dieci anni precedenti l’inflazione effettiva è stata dell’1,5 per cento, nei prossimi dieci, per compensare, dovrà essere del 2,5”. L’entrata in vigore dovrebbe materializzarsi nel 2020.
La curva dei rendimenti si è invertita perché molti investitori temono che sia un segnale di una recessione imminente. Il manager di PIMCO (nella foto) riconosce che l’appiattimento della curva è dovuta alla maggiore incertezza in temi politici ed economici come guerra commerciale, Brexit e elezioni presidenziali Usa tra un anno. Ma è prematuro dire che c’è una recessione dietro l’angolo. La crescita economica è generalmente positiva e negli Stati Uniti con anche una certa intensità.
Le implicazioni sui mercati e gli investimenti
Anche se i tassi di interesse dovrebbero scambiare relativamente in trading range, PIMCO ha deciso di abbassare l’esposizione ai tassi, visto il ciclo di rialzi recente. I tassi rischiano di calare nella seconda metà dell’anno, secondo il gruppo. Quanto alle scadenze dei Treasuries Usa a cui sono esposti i portafogli di PIMCO, il gruppo ha riferito in aprile che si concentra più sulla forchetta di medio termine (5-10 anni).
Concentrarsi nella parte intermedia, spiega il CIO di PIMCO sul sito del gruppo, consente di beneficiare maggiormente dai mercati che iniziano a reagire a un attitudine più accomodante della Fed. Il mercato sconta attualmente le prospettive di un allentamento monetario in Usa, prima di un Quantitative Tightening.
Insomma, non si sa bene dove andranno i mercati finanziari. I tassi potrebbero salire così come scendere. Un motivo in più per avere una strategia difensiva. La Fed ha fatto capire che intende mantenere i tassi fermi per diversi mesi.
Secondo Fugnoli “proprio questa decisione sui tassi fermi ha deluso il mercato azionario, che attende invece almeno un ribasso per fine anno”. Ma se c’è una cosa che è evidente è che la Fed vuole più inflazione. Brainard, autorevole esponente del braccio di politica monetaria della banca (Fomc), è “aperta a un targeting dei tassi della parte breve media in modo da mantenerli fermi su un certo livello”.
“Se si mettono insieme i tassi fermi con l’inflazione che sale di mezzo punto negli obiettivi di policy”, allora “abbiamo comunque una riduzione di mezzo punto dei tassi reali. In pratica, tassi reali negativi mentre siamo entrati nell’undicesimo anno di espansione ciclica. In altre parole, una politica monetaria espansiva in una fase in cui, sulla base dell’esperienza storica, dovrebbe essere almeno moderatamente restrittiva, considerando anche il pieno impiego raggiunto dal mercato del lavoro”.
Tassi, due vie possibili: 4 o zero per cento
Supponendo che l’inflazione, in un futuro non troppo lontano, scappi di mano e arrivi al tre, quando l’obiettivo di fatto è il 2,5%, si aprirebbero due possibilità. La prima, sempre secondo lo strategist di Kairos autore della popolare newsletter “Il Rosso e Il Nero“, il mercato può perdere fiducia nella sincerità della Fed, “passata con un gioco di prestigio dal due al 2,5 e che si vede servito, in ipotesi, il tre”.
“Considerando che il debito pubblico americano l’anno scorso è cresciuto del 6 per cento (il disavanzo è stato del 4.5, ma il debito, che include tutte le spese fuori bilancio, è salito del 6) e che nei prossimi anni continuerà a crescere a ritmi molto sostenuti, il mercato potrebbe mettersi a chiedere quello che ha avuto per cinquemila anni prima del 2008, ovvero tassi reali positivi, e quindi un dieci anni che va a rendimenti del 4 per cento e poi chissà”.
“La seconda risposta è che, essendo bastate nei mesi scorsi poche settimane di rendimenti sopra il tre per scatenare il finimondo e fare temere una recessione, e tenendo conto del fatto che né Trump né un suo eventuale successore democratico vogliono trovarsi in una recessione molto rischiosa, allora è possibile che i policy maker decidano di sopprimere il mercato e di imporre tassi decisi a tavolino. Come sarebbero questi tassi? Come gli attuali, se la Fed decide di fare finta di niente, o addirittura più bassi se il successore di Trump sarà un democratico radicale con simpatie MMT (ricordiamo che la MMT teorizza i tassi permanentemente a zero).
Prospettive per il mercato obbligazionario
Insomma, come ha notato Jeffrey Gundlach di DoubleLine Cpital in un recente e brillante dibattito con l’ex Fed Danielle DiMartino Booth (vedi video sotto), “ci troviamo in una Twilight Zone, ovvero ai confini di una realtà in cui i tassi potrebbero essere a zero o al quattro con le stesse condizioni sottostanti. Un po’ come il gatto di Schrodinger, quello vivo e morto allo stesso tempo”.
“I mercati, nel dubbio, stanno giustamente a metà strada, in attesa di capire. È un’attesa che in America apparentemente non costa, dal momento che tassi e inflazione sono uguali (anche se sui tassi si pagano imposte). In Europa e in Giappone, dove i tassi resteranno a zero per tutto l’orizzonte prevedibile, l’eutanasia del rentier, già in corso da dieci anni, verrà accelerata. Certo, l’obbligazionista europeo ha avuto qualche anno di capital gain sui bond che aveva comprato prima del 2008, ma da qui in avanti i capital gain ci saranno solo se i tassi da negativi diventeranno profondamente negativi.”
In altre parole, ci saranno capital gain solo per gli audaci che si comprano decennali tedeschi (pagando alla Germania un interesse dello 0.12 annuo e chiudendo un occhio sull’inflazione tedesca al due tondo) se i tassi diventeranno ancora più negativi. Per tutti gli altri, nell’area euro, l’unico modo per sopravvivere sarà andare a prendersi rischi.
Prospettive per l’azionario
Questo ci porta a pensare che l’azionario, pur non avendo più davanti a sé orizzonti particolarmente luminosi, abbia sotto di sé un sostegno rappresentato dalla mancanza di alternative particolarmente attraenti.
Venendo al breve termine, puntuali come un cronometro, le chiacchiere di aprile sul meltup, le teorie sull’accelerazione del rialzo che spuntano dopo mesi di rialzo ininterrotto, hanno coinciso con l’inizio della correzione in corso.
Certo, c’è stata nel frattempo la caduta di uno dei due pilastri su cui si era retto il rimbalzo iniziato a Natale, ovvero l’apparente distensione tra Stati Uniti e Cina. L’altro pilastro, la Fed non più restrittiva, rimane però saldo, come abbiamo visto, ed è alla fine più importante del primo.