Questo e’ il secondo articolo che Wall Street Italia dedica alla serie not fit sui candidati alla Presidenza della Repubblica; sono tutti personaggi della politica jurassica che secondo noi non rappresentano il popolo italiano ma solo i “poteri forti”. Leggi il primo articolo:
Amato, ‘not fit’ per il Quirinale
ROMA (WSI) – Mentre è partito il conto alla rovescia per l’elezione del presidente della Repubblica – appuntamento fissato il 18 aprile – Emma Bonino resta, almeno per il momento, il candidato più papabile alla successione di Giorgio Napolitano al Colle. Donna, competente, mai sfiorata da scandali, da sempre impegnata in battaglie per diritti civili e sociali, la ‘pasionaria radicale’ continua a raccogliere consensi bipartisan e pare incontrare anche il favore degli italiani: da un sondaggio diffuso due giorni fa da Ipr Marketing realizzato per il Tg3 risulta risulta infatti che per la più alta carica pubblica il 34% degli italiani vedrebbe bene la europarlamentare piemontese. Dietro di lei Mario Draghi con il 19%, e più indietro Romano Prodi (12%), Gianni Letta (11%) e Massimo D’Alema (10%). Non tutti però vedono la sua candidatura di buon occhio.
Ci sono elementi del suo passato e alcune idee espresse, difatti, che fanno avanzare più di una perplessità. Basti ricordare i suoi trascorsi al fianco di Silvio Berlusconi negli Anni 90 (fu lui ad appoggiarla come Commissario Europeo nel 1995) e la sua vicinanza ai poteri forti, quali banche e autorita’ europee. L’ex vicepresidente del Senato, 65 anni, ha inoltre preso parte a diverse riunioni del club Bilderberg, un’organizzazione semi segreta massonica, mentre e’ molto meno presente in aula nel suo ruolo di commissario agli Affari Esteri: ha partecipato infatti a solo una seduta su tre, secondo i dati Openpolis.
FORMAZIONE
Classe 1948, nata a Bra in provincia di Cuneo, è la seconda di tre figli. Il padre, Filippo, era un contadino. La mamma, Catterina (con due ‘t’), casalinga ma spesso aiutava il marito nei campi. Vive da single nel cuore di Roma, a Trastevere in quella che lei ama chiamare la ”tana”. Laurea in lingue e letterature straniere alla Bocconi di Milano. Al Cairo ha frequentato lezioni di lingua araba.
GLI ESORDI IN POLITICA
Gli esordi in politica risalgono agli anni Settanta. E’ in quegli anni che la ”pasionaria radicale” fonda il Centro informazione sterilizzazione e aborto (Cisa) insieme ad Adele Faccio, baluardo della campagna che portò poi alla legalizzazione dell’aborto. Dagli scranni di Montecitorio, dove fu eletta nel 1976, fu una dei promotori del referendum contro il nucleare promosso dal Partito radicale; tre anni dopo, da Strasburgo, lanciò al fianco di Marco Pannella la campagna contro ”lo sterminio per fame nel mondo”. Una battaglia, l’ennesima, che continuò a combattere come segretaria generale di ‘Food and disarmament international’.
UNA CARRIERA DIVISA TRA ROMA E BRUXELLES
Presidente del Partito radicale transnazionale per due anni, rieletta deputata nel 1992, Bonino nel febbraio 1993 divenne segretaria del Partito. Alle elezioni politiche del 1994, dopo la ‘discesa in campo’ del Cavaliere, rientra a Montecitorio per i Riformatori con il Polo delle libertà. E’ in quell’anno che per Emma arrivano i primi due incarichi di prestigio, prima come rappresentante italiana all’Onu nel quadro dell’istituzione del Tribunale permanente sui crimini contro l’umanità, e poi, nell’ottobre, come commissario europeo agli Aiuti Umanitari, ai Consumatori e alla Pesca.
Ma il doppiopetto istituzionale non la ingesserà mai. Da Bruxelles sarà infatti una delle prime personalità politiche a denunciare, nel 1995, il dilagare della pulizia etnica in Bosnia. Due anni dopo, assieme ad altri esponenti radicali e non, fu arrestata per alcune ore a Kabul dai Taleban. Il suo impegno per i diritti civili troverà ampia eco a livello internazionale, tanto da portarla agli onori della cronaca come la ‘star’ tra i commissari dell’Unione.
E’ in quel periodo, nel pieno della sua popolarità, che giunge a sfiorare il Quirinale, con la campagna ”Emma for president”. Per la prima volta nella storia della corsa al Colle una candidatura fu proposta direttamente agli italiani alla fine dei telegiornali con uno spot elettorale. Una candidatura, la sua, che piaceva alla gente, ma non al Palazzo. Alla fine, sul Colle più alto della Repubblica, salirà Carlo Azeglio Ciampi. La nomina a ministro degli Affari Europei arriverà nel 2006 con il secondo governo Prodi acome riconoscimento delle sue competenze comunitarie.
I SUOI DETRATTORI
La candidatura della Bonino non è tuttavia esente da critiche. I suoi detrattori puntano il dito soprattutto sul fatto che, più di una volta, nel corso delle sua carriera politica, la Bonino è stata sostenuta e si è schierata al fianco di Silvio Berlusconi. Solo qualche giorno fa dalle colonne del Fatto Quotidiano, Marco Travaglio, in un articolo dal titolo “Quirinale, si fa presto a dire Bonino” ricorda, tra le altre cose, che la Bonino “da radicale si è candidata nel ’94 con Forza Italia fondata da Berlusconi, Dell’Utri, Previti & C., e col centrodestra berlusconiano è rimasta alleata, fra alti e bassi, fino alla rottura del 2006, quando è passata al centrosinistra”.
Tra le altre “macchie” del suo curriculum, “Nel ’94, quando si candidò per la prima volta con Berlusconi, partecipò con lui e la Parenti a un comizio a Palermo contro le indagini su mafia e politica. Poi, appena eletta, fu indicata dal Cavaliere assieme a Monti come commissario europeo”, incarico che ricoprira’ dal 1995. Travaglio ricorda anche che “nel ’99 Berlusconi la sponsorizzò per il Quirinale, anche se poi confluì su Ciampi. Ancora nel 2005, alla vigilia della rottura, la Bonino dichiarava di “apprezzare ciò che Berlusconi sta facendo come premier”.
Ma non è solo la sua passata vicinanza al Cavaliere a fare discutere. La candidatura della Bonino non piace a chi considera la sua posizione, in termini di politica economica, troppo vicina a quella di Mario Monti e troppo molle nel criticare il progetto fallimentare della moneta unica (si e’ piu’ volte detta favorevole agli Stati Uniti D’Europa). Troppo vicina, insomma, ai poteri forti della finanza, rappresenterebbe un candidato troppo comodo per le banche e lasso nei confronti delle posizioni di Bruxelles. Non meno, fa discutere la sua appartenenza, insieme a Monti e Amato, tra gli altri, al “gruppo Bilderberg”, un circolo semi segreto massonico, i cui componenti appartengono alle alte sfere dell’economia e della società.