ROMA (WSI) – L’Italia ha “la quota più alta d’Europa” di giovani tra i 15 e i 29 anni che non lavorano né studiano. Si tratta dei cosiddetti Neet, arrivati a 2 milioni 250 mila nel 2012, pari al 23,9%, circa uno su quattro. Basti pensare che in un solo anno sono aumentati di quasi 100 mila unità. Lo rileva l’Istat nel rapporto annuale.
Il tasso di disoccupazione dei giovani tra i 15 e i 29 anni tra il 2011 e il 2012 è aumentato di quasi 5 punti percentuali, dal 20,5 al 25,2% (dal 31,4 al 37,3% nel Mezzogiorno); dal 2008 l’incremento è di dieci punti.
Sono stati relativamente più colpiti, spiega sempre l’Istat, i giovani con titolo di studio più basso, in modo particolare quanti hanno al massimo la licenza media (+5,2 punti). Il numero di studenti è rimasto sostanzialmente stabile attorno ai 4 milioni (il 41,5% dei 15-29enni; 3 milioni 849 mila nel 2008).
Da qui il monito del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che sollecita la creazione di concrete prospettive di lavoro per i giovani. In un messaggio per la presentazione del Rapporto, dice che occorre creare ”le condizioni di una ripresa economica che fornisca, specie alle generazioni più giovani, concrete prospettive di lavoro nell’ambito di una crescita sostenibile ed equa”
SOLO 57% GIOVANI LAUREATI O DIPLOMATI LAVORA ENTRO 3 ANNI – Solo il 57,6% dei giovani laureati o diplomati italiani lavora entro tre anni dalla conclusione del proprio percorso di formazione. E’ quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Istat nel quale si ricorda che l’obiettivo europeo nel 2020 è fissato all’82% mentre il valore medio europeo dell’indicatore nel 2011 è stato pari al 77,2%. In Italia, l’indicatore è al 57,6% quasi 20 punti percentuali in meno
Le persone potenzialmente impiegabili nel processo produttivo sono quasi 6 milioni, se ai 2,74 milioni di disoccupati si sommano i 3,08 milioni di persone che si dichiarano disposte a lavorare anche se non cercano (tra loro gli scoraggiati), oppure sono alla ricerca di lavoro ma non immediatamente disponibili.
CROLLA POTERE ACQUISTO (-4,8%), CONSUMI -4,3% – Nel 2012 il potere d’acquisto delle famiglie italiane ha registrato una caduta “di intensità eccezionale” (-4,8%). Lo si legge nel rapporto Istat in cui si evidenzia che al calo del reddito disponibile (-2,2%) è corrisposta una flessione del 4,3% delle quantità di beni e servizi acquistati, la caduta più forte da inizio anni ’90.
15 MLN IN DISAGIO ECONOMICO, PER 8,6 E’ GRAVE – Sono quasi 15 milioni a fine 2012 gli individui in condizione di deprivazione o disagio economico, circa il 25% della popolazione (40% al Sud). E’ quanto emerge dal rapporto Istat, in cui si sottolinea che in grave disagio sono invece 8,6 milioni di persone, cioé il 14,3%, con un’incidenza più che raddoppiata in 2 anni (6,9% nel 2010).
GIU’ SPESA CIBO, 62% FAMIGLIE RIDUCE QUANTITA’-QUALITA’ – Le famiglie italiane che, tra il 2011 e il 2012, hanno ridotto la qualità o la quantità degli alimentari acquistati, è aumentata dal 53,6% al 62,3% e nel Mezzogiorno arriva a superare il 70%. Si tratta, si legge nel rapporto Istat, soprattutto di famiglie che diminuiscono la quantità (34,9% nel Nord e 44,1% nel Mezzogiorno), ma una percentuale non trascurabile, e in deciso aumento, è anche quella di chi, oltre a diminuire la quantità, riduce anche la qualità dei prodotti acquistati.
PROPENSIONE AL RISPARMIO TRA PIU’ BASSE EUROPA – Nel 2012 la propensione al risparmio delle famiglie italiane si è attestata su livelli sensibilmente inferiori rispetto alle famiglie tedesche e francesi, avvicinandosi a quella del Regno Unito, tradizionalmente la più bassa d’Europa. Lo scrive l’Istat nel rapporto annuale, spiegando che lo scorso anno la propensione è scesa all’8,2%, ovvero 0,5 punti percentuali in meno del 2011 e 4 punti percentuali in meno rispetto al 2008.(ANSA)